Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
Al liceo la mia professoressa d'italiano, con un suo pensiero ci distrusse l'aura romantica che per noi studenti rappresentava l'Odissea e le lunghe peripezie di Ulisse per arrivare ad Itaca dalla sua amata Penelope.
Ulisse passa 10 anni in guerra e altri 10 nel lunghissimo ed interminabile viaggio verso casa; ma una domanda sorge spontanea... Ulisse ad Itaca aveva tutta questa fretta di tornarci? Ad un'analisi più approfondita dei fatti assolutamente no, perché tra viaggi che appagano la sua infinita sete di conoscenza e tante avventure amorose, Penelope era l'ultimo dei suoi pensieri, in effetti. Facciamo che ad inizio della sua partenza per Troia, sua moglie aveva sui 20 anni, al suo ritorno ad Itaca ne doveva avere sui 40... insomma non è che a casa ad Ulisse l'attendesse tutta questa felicità visto che Penelope era invecchiata senz'altro. Godard si pone il medesimo problema nel suo film Il Disprezzo (1963), dove lo sceneggiatore Paul (Piccoli) e sua moglie Camille (Bardot), sono i novelli Ulisse e Penelope, alle prese con una forte crisi coniugale poiché la moglie disprezza fortemente il marito, che tollera le avance del produttore americano Prokosh (Palance), nei suoi confronti, sperando di ottenere vantaggi per la sua carriera normalizzando con le sue revisioni sulle sceneggiature gli slanci avanguardistici dei registi innovativi e protraendo l'agonia del vecchio cinema, nei confronti di una nuova concezione cinematografica che avanza.
Incomunicabilità tra uomo e donna (e in generale tra esseri umani vista anche la babele linguistica), ma anche un'invettiva non celata, contro il cinema commerciale rappresentato dal produttore americano Prokosh. Questa figura è interessante, poiché affida a Fritz Lang i quattrini per dirigere un adattamento dell'Odissea di Omero. Giustamente Lang ne ha tirato fuori un'opera di pura immagine (che per il regista tedesco, ha più importanza della parola) e questo, fa' temere un insuccesso commerciale clamoroso. In sostanza chi finanzia l'arte, non è in grado di capirla (e ci può stare), ma è anche così miope da distruggere con le proprie mani ciò che di bello ha contribuito a far creare e affidare una riscrittura della sceneggiatura a Paul che per soldi, si svende ad un compromesso e contribuisce a distruggere ciò che di unico aveva creato Lang. Interessante notare, che neanche il produttore sa' bene su cosa deve intervenire Paul per rendere l'opera più appetibile per il grande pubblico. In sostanza, il cinema industriale è vittima di un cortocircuito capitalista, che anche se finanzia film realizzati da autori controcorrente, utilizza altri soldi e altra manovalanza, per distruggere le pellicole che non si conformano ad una data visione di cinema (basta vedere la vetrata blu della villa a Capri che "filtra" il paesaggio della scogliera).
Nel mezzo siamo protagonisti di una forte crisi coniugale tra Paul e Camille. Il primo ha svenduto tutte le proprie idee al compromesso, e spesso passeggia tra le rovine di set cinematografici in decadenza e strade divorate dalle piante ed erbacce, che egli ha contribuito a creare con la sua attività distruttrice dell'arte cinematografica. Paul sa' che sbaglia e vorrebbe liberarsi da questo giogo (vedasi la tessera del Partito comunista italiano), ma è attratto dal soldo e per essi, non esita a far cortegiare la moglie dal produttore (Weinstein è sempre esistito in ogni tempo). Camille è al limite della sopportazione ed invita Paul a non andare a Capri, perché conscia che ciò sancirebbe la fine della relazione. Come Ulisse era attratto dalle sirene, Paul è attratto dalla prospettiva del produttore di raggiungerlo lì; d'altronde l'isola di Capri si dice che assomigli ad una donna distesa sul mare... il simbolismo con le sirene, risulta molto evidente. Girato con l'ausilio di numerosi piani sequenza che dilatano le sequenze all'inverosimile, tanto da dare un'aspetto onirico, straniante e alienante alla messa in scena (grazie anche ad una colonna sonora ad arpa suggestiva) che si avvale di cromatismi ricercati e geometrismi astratti nelle scene in interna. Certo, abbiamo qualche logorroico intellettualismo di troppo nei dialoghi (non amo le citazioni prese pari pari dai pensatori... a meno che non abbia letto l'opera, perché è come se il regista rendesse necessaria una conoscenza pregressa delle fonti extra-filmiche da parte dello spettatore per capire il film), atto a compiacere il narcicismo del regista, ma è il suo stile sin dagli esordi. È indubbio che vista la mutilazione a cui venne sottoposta del produttore Ponti, che non avendo fiducia nel pubblico, accorcio' di 20 minuti il film e sfascio' mezza pellicola nell'edizione italiana (ho visto solo quella francese integrale, non anche l'edizione italiana presente nel dvd), il risultato da noi fu un bel floppone. Si può dire che Godard abbia rappresentato in pieno nel film il destino della sua opera.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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