Espandi menu
cerca
Sieranevada

Regia di Cristi Puiu vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Peppe Comune

Peppe Comune

Iscritto dal 25 settembre 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 174
  • Post 42
  • Recensioni 1534
  • Playlist 55
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Sieranevada

di Peppe Comune
8 stelle

Bucarest. Sono trascorsi 40 giorni dalla morte del padre e seguendo la tradizione ortodossa il dottor Lary (Mimi Branescu) si unisce al resto della famiglia per il rituale pranzo di commemorazione. Ci sono figli, fratelli, sorelle, zii, cugini, persone di diverse generazioni che hanno maturato diverse esperienze di vita e che hanno un proprio sguardo sul mondo. Nell’attesa che ci si metta a tavola, si discute del vecchio regime di Ceausescu, della società rumena contemporanea, di religione, dei possibili responsabili degli attentati dell'11 settembre. C'è chi si crea delle proprie verità per non accettare quelle comunemente seguite e chi trova conveniente credere ancora alle bugie di regime. Poi entrano in gioco questioni più strettamente familiari. Per un quadro d’insieme che si fa specchio attendibile dell’irrisolta società rumena.

 

scena

Sieranevada (2016): scena

 

“Sierranevada” di Cristi Puiu è un dramma domestico che usa l'unità di spazio e di tempo per fare di una tipica famiglia della media borghesia cittadina il riflesso attendibile di tensioni etiche che attraversano in lungo e in largo la coeva società rumena. Perché i membri di una famiglia si riuniscono dopo tanto tempo che non lo facevano tutti insieme e tutti insieme danno corpo ad uno spaccato di mondo che riproduce su scala ridotta quando esiste oltre l'uscio della porta.

Il cinema porta quindi la storia dentro un appartamento di Bucarest (solo un paio sono gli esterni), dove la macchina da presa si muove tra i suoi spazi raccogliendo in presa diretta punti di vista sullo stato delle cose e semplici adesioni al tempo che scorre, dissapori trattenuti a stento e umori che variano al variare delle circostanze. Financo le canzoni trasmesse dalla radio accesa, tra cui si riconoscono (e sembra simpatico evidenziarlo) le italiane “Dolce Nera” di Fabrizio De Andrè e “Maledetta primavera” cantata da una giovane Loretta Goggi.

“Sierranevada” conferma l'attitudine di Crisi Puiu a fare un uso molto essenziale della macchina cinema, che esprime la sua indiscutibile potenza creativa attraverso la forza evocativa dei fuori campo. In tal senso, si pensi alla figura del padre, un’assenza molto più presente di chiunque altro nell’economia narrativa del film. Una presenza certamente concreta, perché è per commemorare la sua memoria che la famiglia si riunisce. Ma soprattutto simbolica, perché è ciò che rende possibile l’incontro scontro tra tensioni non ancora superate nel paese tra passato recente e presente prossimo. La particolarità del cinema dell'autore rumeno sta nel far aderire il più possibile il tempo filmico con quello reale, le ellissi narrative sono ridotte all'essenziale, così come gli stacchi di montaggio, usati quasi esclusivamente per consentire alla macchina da presa di guardare le cose da una prospettiva diversa pur rimanendo a muoversi nella stessa dimensione spazio temporale. Il tempo e lo spazio appunto, che rivestono un ruolo centrale nel cinema di Cristi Puiu. Come già successo in “La morte del signor Lazarescu” (vicino al capolavoro secondo il mio modesto avviso) ed “Aurora”, il qui ed ora insistentemente messo in scena, insieme a rappresentare la matrice narrativa portante, lascia intravedere le forme della Romania, un paese ancora irrisolto perché irrisolti rimangono i conti che il suo popolo ha da fare con il suo passato recente.

Nel qui ed ora succedono cose imprevedibili, che nel loro verificarsi danno corso ad una relazione tra causa ed effetto non necessariamente lineare. Ed è quanto vediamo in “Sierranevada”, un film che non racconta nulla di preciso, se non il fatto inconfutabile che la vita è fatta di tanti momenti che semplicemente accadono. Il modo che ha Puiu di svincolare il cinema della necessità di dover raccontare qualcosa seguendo canoni dati, di ricordarci che le immagini in quanto tali esprimono insieme falsità e verità che vanno prese per quelle che sono. Non è un caso che, ad essere centrale nell’economia del film, è il confronto continuo tra chi vede complotti in verità che sembrano evidenti e chi continua a credere alle bugie del regime di Ceausescu. Nel qui e ora di Cristi Puiu la vita catturata dalla macchina da presa è animata da tante cose cui è difficile attribuire un senso preciso o fornire una posizione univoca nell’ordine delle cose correnti (sia essa l’interpretazione dottrinaria del Comunismo in salsa rumena o la visione sugli attentati dell'11 settembre).

Rispetto agli altri film di Puiu (mi manca di vedere l’ultimo), in "Sieranevada" è decisamente più marcato il rapporto con la memoria storica della Romania, e non tanto perché vi si fanno riferimenti espliciti durante accese discussioni, ma per il coinvolgimento emotivo che ognuno ci mette nell’affrontarle. Il risultato è un caleidoscopio di sensazioni che, nel loro rimbalzarsi all'interno di uno spazio ben delimitato, danno la misura di un conflitto latente (molto presente in tanto cinema rumeno contemporaneo) tra chi intende emanciparsi totalmente dalla storia inculcatagli dai padri e chi, di quella storia, intende salvare il salvabile per cercare di guardare avanti.

Nell'appartamento si discute di Comunismo rispetto a cosa sono diventati i giovani rumeni, degli attentati alle Twin Towers alla luce di fatti che darebbero agio a tesi complottiste, di religione attraverso la rivelazione di Cristo, di questioni familiari che aprono cicatrici. Le questioni pubbliche si mischiano ai fatti privati, gli accadimenti del mondo trovano posto tra le cose ordinarie che accadono in ogni istante. Per una sinfonia disarmonica che fa incontrare amori e dissapori, convinzioni incorruttibili e dubbi lancinanti, verità mai dette e bugie simulate. Le parole sembrano girare a vuoto, indirizzate dal solo scopo di fare un pranzo di famiglia per onorare un padre secondo il rito ortodosso. Un pranzo che non inizia mai perché succede sempre qualcosa che ne impedisce la cerimonia. Ed è questo stato di sospensione a prendersi la scena, quest’attesa che vediamo esaudita solo alla fine del film, quando la vita sta per sedersi davanti ad una tavola imbandita e la macchina da presa decide di spegnere la sua vigile attenzione. Il cinema di Puiu mi piace molto.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati