Regia di Bryan Singer vedi scheda film
Proiettati i giorni di un futuro passato in una storyline alternativa dalle nuove, riaperte (potenzialmente infinite) possibilità, Bryan Singer dirige la (sua) materia mutante in una sorta di (ambiziosissimo) catastrofico dell'anima.
L'Apocalisse, letteralmente; e oltre.
Ma sempre dentro - e sopra e sotto e tutt'intorno - l'impertiruro complesso di dilemmi emblema dell'intera saga: lotta interspecie, umanità e evoluzione, ideologie e fedi, istinti di conservazione e tolleranza, caccia al diverso e comprensione, bene vs. Male, speranza vs. disperazione. Naturalmente incarnato dalla collisione/interdipendenza dei due iniziat(or)i, il fiducioso malgrado tutto Charles/X e il continuamente consumato da eventi tragici Erik/Magneto.
Dialoghi, silenzi, sguardi scambiati, connessioni psichiche, azioni e reazioni e travagli interiori, scelte, errori, tradimenti, redenzioni: con loro in scena c'è già tutto l'archetipico compendio delle tetre vastità del pensiero umano.
Quanto gli gravita intorno come satelliti di un sistema sempre in punto di collassare dall'interno - donne in cerca di un posto e di riscato elette ad eroine, giovani dotati che si affacciano al mondo carichi di dubbi e timori, rappresentanti dalle autorità o inermi o ferocemente risoluti, zone d'ombra e luce, frammenti di passato pronti a ricomporsi nel loro nucleo distruttore, persino antichi miseri potentissimi dei (ri)animati da furori tirannici -, tutto questo, scatena e catalizza la sostanza esi(sten)ziale di un conflitto archetipico.
In conflitto con la natura blockbusteriana dell'opera - in zona supereroi pare non ci possa essere alternativa alla rassicurante, sollazzevole linea disneyana - Singer fa convergere dramma, temi e personaggi verso una deriva caotica e fracassona (oltre il consentito, ovvio). Lo si intuisce già dal mastodontico incipit: buone intuizioni visive unite a musica enfatica (dalle venature etno-egizie) e a un immaginario (di scene di massa, costumi, costruzioni, ambienti) che paiono richiamare dimenticabili sandaloni mainstream contemporanei.
Un pericoloso tuffo nel ridicolo che però, in fondo, ha una sua logica (involontaria?) nella figura abnorme, "divina", fuori tempo (e fuori tutto) del primo essere mutante, Apocalisse: ovviamente portatore di morte e devastazione, ovviamente onnipotente, ovviamente ridicolo.
Un falso Dio - un superuomo però cattivissimo - che ad un certo punto, oltre ad innescare la guerra di puntata, sembra avere esclusivamente la funzione di cementare l'unione dei mutanti combattenti per la causa nonché a far ergere a figura cristica che si ribella al padre tiranno il tormentato Magneto. Funziona, sì.
Un po' meno la narrazione, invero, ché sia nelle premesse (un'antica entità malvagia che, risvegliata, semina panico e caos) sia in diversi sviluppi e situazioni (la perdita degli affetti che ridesta la personalità cupa e cieca, la fascinazione del Male) mostra ben poca originalità. Fortunatamente il regista possiede senso del ritmo e dell'epicità (non si contano momenti di stanca né di "scarico"; lo scontro finale regge, tra cessioni allo spettacolo chiassoso, momenti di criticità e incursioni nell'onirico/ultradimensionale), visione d'insieme (la creatura è "sua", dopotutto), ottime capacità di sfruttamento del materiale attoriale (vale per i vecchi, vale per i nuovi), e innegabile gusto pop.
Divertente la sequenza al "ralenty" del supervelocista Pietro Maximoff (per quanto ricalca quella già vista in Days of Future Past) musicata sulle note di Sweet Dreams; un contentino ai fan ma utile alla trama l'apparizione speciale del ferino Wolverine (tornano gli artigli di adamantio: alcuni eventi non cambiano ...); sorprende la piazzata sulla bruttura dei terzi film (la battuta si riferisce a Star Wars ma si legge come stoccata all'episodio diretto da Ratner); spettacolare l'accompagnamento ad hoc dei Metallica prima maniera (The Four Horsemen) per i quattro cavalieri dell'Apocalisse (Angel, Tempesta, Psylocke, Magneto), per una colonna sonora che - oltre alle composizioni originali di John Ottman (standard per il genere ma non disprezzabile) - tra i pezzi noti conta pure Countess Bathory dei Venom.
Incisivi e convincenti come sempre gli attori: James McAvoy (tanto più a suo agio quanto più è chiamato a "soffrire") porta a compimento la sua trasformazione nel Professor X, Jennifer Lawrence è star a tutto campo (e la prima inquadratura sulle sue cosce è una dichiarazione d'intenti che non passa inosservata), Michael Fassbender è Michael Fassbender, Rose Byrne è un felice ritorno anche se non gode poi di granché spazio, Evan Peters "sfigato" che vive con mammà è uno spasso e se ne vorrebbe di più, Nicholas Hoult è sacrificato sotto la pellaccia di Bestia ma sa come muoversi, Olivia Munn sta una meraviglia col vestitino succinto di Psylocke, il tanto bistrattato Oscar Isaac (ovvero il suo personaggio, Apocalisse) è presenza forte anche con i soli occhi e la fisicità, la gameofthronesiana Sophie Turner (Jean Grey da giovine) è ottimo innesto e il suo è un ruolo determinante.
Da copione, il cameo di Stan Lee (e consorte, questa volta) e la scena post-titoli di coda che anticipa la prossima avventura.
Non riuscito come dovrebbe, e come era lecito sperare, X-Men: Apocalisse ma comunque vale la visione.
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