1941, un gruppo di ragazzini dell'est Europa è in fuga dalla catastrofe della guerra e dai rastrellamenti nazisti; dalla Slovenia il gruppo trova riparo nell'entroterra emiliano, per riuscire quindi a penetrare in terra svizzera.
La fuga degli innocenti può essere ricordato come un onesto lavoro su un tema sempre scottante e sempre attuale, come sono i flussi di profughi che ogni guerra inevitabilmente mobilita; può essere ricordato come un film sull'infanzia, protagonista in verità secondaria, ma al centro dell'azione della trama; può essere anche ricordato come l'esordio del bravo Leone Pompucci nella fiction, dopo tre interessanti pellicole cinematografiche e qualche episodio della serie tv Don Matteo; può infine essere ricordato come la trasposizione sul piccolo schermo di un fatto realmente avvenuto durante la seconda guerra mondiale e dichiaratamente romanzato nella sceneggiatura a firma Angelo Pasquini, Alessandro Sermoneta e Marco Turco. Tutto vero, senz'altro; ma io preferisco ricordarlo come il film in cui Nino Frassica incontra in scena Max Von Sydow e minaccia di stracciarlo a canasta. E, a voler essere del tutto sinceri, la recitazione di Frassica riesce a rendere sensati perfino gli insignificanti dialoghi affidati al suo personaggio, a dimostrazione che l'attore siculo è capace di far bene anche in parti drammatiche. Ma in ogni caso Von Sydow andrebbe scomodato per qualcosa di più, sia chiaro; soprattutto se si considera che i nomi di maggior levatura nel resto del cast sono quelli di Ennio Fantastichini e Toni Bertorelli; altri interpreti: Eliana Miglio, Ana Caterina Morariu, Ken Duken, Jasmine Trinca, Alfredo Pea. Produce la Rai, con la solita formula - per questi anni - delle due puntate da cento minuti circa ciascuna; Pompucci sa il fatto suo, ma qui gli standard della materia narrativa e della confezione sono adeguatamente abbassati al livello televisivo. 3,5/10.
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