Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Intorno al dualismo tra presenza e assenza ruota il concetto di visionarietà. In quest'ultima si esprime la libertà dell’individuo di elaborare a suo modo l’esperienza: se l’evidenza appartiene a tutti, ognuno ha il diritto di negarla sfacciatamente, oppure di difenderla temerariamente contro l’omertà. Così l’essere diviene il risultato di un’affermazione, più o meno condivisa, che, in quanto tale, è sempre passibile di giudizio soggettivo ed è condizionata dagli interessi particolari. L’intrigo spionistico è un abile intreccio di realtà e finzione, che confonde identità e ruoli con opportune tecniche di mascheramento, e con trucchi che, come in un gioco di prestigio, sfruttano la disattenzione di chi guarda per creare illusori effetti di apparizione e sparizione. In questo modo opera anche la magia del cinema: il falso movimento prodotto dalla sequenza dei fotogrammi e la continuità costruita artificialmente col montaggio sono inganni resi possibili dalla nostra parziale cecità e dalla malleabilità della nostra memoria. A questi handicap sopperisce, per fortuna, la nostra capacità di immaginare, di formulare ipotesi e di anticipare soluzioni, senza la quale, di fronte a un giallo, non potrebbe nascere in noi la suspense. La signora scompare riassume in sé tutte queste componenti, che, nella settima arte, legano la sostanza letteraria della storia alla psicologia del lettore/spettatore, coltivando in lui il dubbio: in Hitchcock, infatti, la macchina da presa partecipa alla limitatezza della nostra prospettiva, ed alla fallibilità della nostra percezione, nascondendo, anziché rivelare. Si apre così la strada al cinema onirico, metaforico, intriso di simbolismi psicanalitici, che, anziché aderire al dato di fatto, vaga nell’astratta dimensione del pensiero, disgiungendo, definitivamente, il criterio della verosimiglianza da quello della credibilità.
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