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Balla coi lupi

Regia di Kevin Costner vedi scheda film

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La recensione su Balla coi lupi

di steno79
8 stelle

Rivisto a quasi trent'anni dalla sua uscita al cinema, "Balla coi lupi" fa ancora una buona figura, è un western epico e revisionista che si batte appassionatamente per la causa dei Nativi americani, a costo di qualche schematismo nella sceneggiatura, ma animato da un idealismo che non si può non ritenere sincero. Kevin Costner vi trova uno dei migliori ruoli di tutta la sua carriera e ha il coraggio di assumersi anche la regia, per la prima volta: il film ebbe un notevole successo a livello planetario, trionfò agli Oscar e fu il portabandiera di una visione rinnovata degli Indiani d'America, che nel western classico molto spesso erano stati rappresentati in maniera distorta e piena di pregiudizi. Costner in sede di regia fa un lavoro onesto, con alcuni pezzi di bravura come la caccia al bisonte, piena di autentica tensione e montata benissimo, oppure la scena iniziale in cui il protagonista si espone in maniera incosciente al fuoco nemico; non si tratta di un film rivoluzionario per i canoni del western e qualche lungaggine non manca nel racconto, ma nel complesso il bilancio è comunque apprezzabile (certo avergli dato l'Oscar per la migliore regia e miglior film quando c'era in concorso quel capolavoro di Goodfellas di Martin Scorsese è un controsenso, e io personalmente avrei premiato Costner come migliore attore, visto che la sua occupazione principale nel cinema è quella di interprete e in questa veste se la cava molto bene anche in "Balla coi lupi"). Potendo contare su una fotografia di Dean Semler dai cromatismi comunque ricercati e su una partitura di John Berry dall'incedere solenne, il racconto si snoda agevolmente, coinvolge per buona parte della sua lunga durata, si riallaccia al migliore spirito "liberal" hollywoodiano, ma un po' si perde in alcuni dettagli. La scelta di una bianca cresciuta dagli Indiani come "love interest" di Balla coi lupi appare fin troppo ovvia e un pochino stucchevole. Le scene dei cattivi soldati nordisti che tormentano l'ex tenente indianizzato appaiono ugualmente prevedibili in questo contesto, coi personaggi degli yankees ridotti a sgradevoli caricature. La scrittura di Michael Blake poteva lavorare di più sulle sfumature per questi aspetti per darne una rappresentazione più convincente, ma si capisce che l'urgenza del messaggio a favore del popolo degli indiani Lakota era prioritaria su qualunque altro elemento narrativo. Dunque un'opera non geniale ma ugualmente di pregevole fattura che non sfigura accanto ad altri film del filone revisionista come il celebre "Piccolo grande uomo" di Arthur Penn. 

voto 8/10

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