Regia di Luca Vecchi vedi scheda film
Nella prova d'esordio del collettivo The Pills ci sono tante cose, troppe forse: i consueti e divertenti sketch a base di umorismo romanocentrico con declinazione Pigneto, le continue parodie e citazioni cinematografiche, le scene dei Pills bambini, ripetute però fino alla noia, le musiche insistenti e pervasive a riempire buchi e sfilacciature di sceneggiatura.
Quello che manca davvero (oltre al mitico Betani, presente solo nei titoli di coda) è proprio il film. E non perché la trama su cui si legano i tanti sketch non sia sufficientemente forte. Ci sono esempi di film riusciti dove la trama è solo un pretesto, vedi tra tutti il primo Woody Allen.
Qui manca una mano registica sicura e decisa. Perché la regia non è solo fare belle inquadrature o arditi movimenti di macchina. Regia è, ad esempio, fare casting e dirigere gli attori. E quindi prendere "attori" dalla strada per farli parlare come alla recita scolastica non è stata una scelta felice.
Regia è anche creare e mantenere omogeneità di ritmo e di direzione attraverso un montaggio consapevole e non indulgente.
Invece si assiste continuamente a cali di ritmo e allungature di brodo che portano il lungometraggio nelle pericolose secche della noia, nonostante la breve durata.
Eppure l'idea di fondo alla base del film, la decisione di non crescere mai, e gli assunti che ne derivano, il lavoro come droga da cui bisogna tenersi lontani, sono divertenti e persino condivisibili. E i tre amici sono davvero amabili, ognuno col suo personale percorso di resistenza alla integrazione, mentre il sorriso dolce e seducente di Margherita Vicario aggiunge grazia e sensualità.
Se i The Pills riusciranno a crescere cinematograficamente senza perdere il loro spirito da eroici e strenui fancazzisti, forse alla prossima occasione riusciranno a darci un buon film. Per ora resta la sensazione che il passo sia stato più lungo della gamba e che la giocata alla lotteria Valsecchi sia stata un poco prematura.
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