Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Così come il film chiaramente si ispira a Il postino suona sempre due volte, a livello cinematografico mi ha appassionato trovare alcune attitudini con un capolavoro che sarebbe uscito sugli schermi l'anno successivo: La fiamma del peccato di Billy Wilder. In entrambi i casi vediamo una moglie insoddisfatta dell'anziano marito che la trascura, un giovane di bell'aspetto che diviene amante e mezzo per sfuggire ad uno stato di cose deprimente, un delitto ben pianificato che lascia presto spazio a pericolose lacune, un risarcimento assicurativo che sembra più dividere che soddisfare gli assassini, ma soprattutto un tragico destino per i protagonisti ormai indissolubilmente legati dal delitto. Tralasciando confronti di due opere appunto simili ma anche molto diverse tra loro, in Ossessione vediamo effettivamente dei grandi tocchi di realismo che hanno fatto, come detto da molti, da apripista per l'avvento del neorealismo: lo spettatore osserva il quotidiano squallore della locanda e degli atteggiamenti dei personaggi, non ci sono filtri nel descrivere una vita priva di elementi affascinanti, resa ancor più soffocante dal caldo torrido della bassa padana. La relazione clandestina, inizialmente solo amorosa e successivamente interrotta, vira poi sull'esigenza dei due amanti di dover uccidere il marito, ma i sospetti ed i sensi di colpa, nonché le indagini della polizia e della compagnia assicurativa, acuiscono una tensione serpeggiante che porta i protagonisti prima a separarsi e poi a riunirsi nel modo più tragico. La modernità di questa pellicola è da ritenersi ancor più esclusiva considerata la situazione italiana di allora: uscito nel 1943, in pieno conflitto bellico e con la censura fascista che imperversava, il film appare davvero coraggioso nell'affrontare certi temi, dalla dissolutezza dei personaggi, alle contraddizioni dei vari protagonisti stupisce ancora oggi per questo approccio vivido. Come ricordato da molti, Visconti aveva certo subito l'influenza della scuola francese di Renoir, con cui aveva collaborato e che ha quindi aiutato il regista italiano a realizzare un'opera di grande valore realizzata, anche tecnicamente, con un approccio innovativo. Se la prima e l'ultima parte trasmettono molta tensione, la parte centrale appare un po' più impostata e meno appassionante, ma in ogni caso resta una pietra miliare da vedere.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta