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Ossessione

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

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La recensione su Ossessione

di Antisistema
10 stelle

Luchino Visconti, di classe aristocratica, ma da sempre sensibile verso gli strati sociali più bassi, ha vissuto metà della propria esistenza, girovagando senza meta lungo l’Italia e per il mondo, cercando di placare questa contraddizione dell’animo.
Unitosi al gruppo della rivista “Cinema”, che proponeva un nuovo approccio alla settima arte, lontano dalle convenzioni imperanti nel ventennio fascista, tramite il cinema dei “telefoni bianchi”, “storico-epico” o del movimento “calligrafico”. Visconti, nella seconda metà degli anni 30’, fu in amicizia con Jean Renoir, collaborando come costumista e tecnico per due suoi film, entrando così in contatto con il movimento del “realismo poetico” francese, ma soprattutto con un clima culturale, nettamente più aperto e stimolante, rispetto a quello di un’Italia stagnante sotto il peso di una dittatura oppressiva.
Questo nutrito bagaglio culturale “esterofilo”, Visconti lo riverserà nel suo lungometraggio di debutto, Ossessione (1943), il cui soggetto si rifà al libro “Il Postino Suona Sempre due Volte” di James M. Cain, riferimento non accreditato in alcun modo dalla produzione, a causa del conflitto bellico in corso tra l’Italia e Stati Uniti, il che farà sì che a causa del mancato pagamento dei diritti, la pellicola uscirà ufficialmente negli USA solo nel 1976.
“Questa non è l’Italia”, disse con tono furente Vittorio Mussolini, all’anteprima del film; o meglio, non era il ritratto dell’Italia che si aspettava il regime fascista, nel veder rappresentata dal cinema, cavallo propagandista del regime assieme alla radio.
La cicatrice lasciata da “Ossessione”, non risulta visibile solo per fondazione del movimento del “Neorealismo”, ma si imprime a fondo nella storia di un’Italia, che nel 1943 si scopre divisa tra nord e sud. Fascisti ed alleati. Vecchio e nuovo. Orizzonte nazionale contro prospettiva internazionale.
“Ossessione”, nell’idea di partenza, guarda all’estero, ad un romanzo americano, in un’ottica di sprovincializzazione resasi oramai necessaria, per uscire da un panorama autarchico limitato ed asfittico, nella forma e nelle idee.
La bassa Padania ritratta da Visconti, risulta lontana da quella celebrata dalle conquiste agricole del regime, che esaltava la ruralità di tali zone, come mezzo per fare grande il paese.
La bella ed irrequieta Giovanna (Clara Calamai), gestisce uno spaccio nella provincia di Ferrara, assieme al marito Giuseppe Bragana (Jean de Landa), un uomo rozzo, volgare e dalla forma fisica scadente – oltre che più anziano della moglie è affetto da obesità evidente -.
L’esistenza a cui viene relegata Giovanna, ha assunto le caratteristiche di una prigione senza sbarre. Fiaccata dalla calura del luogo, si prosciugaa di ogni vitalità giorno dopo giorno. Il giovane e prestante vagabondo Gino Costa (Massimo Girotti), attira subito l’interesse della donna – venendo da lui ricambiata -, così che dopo varie traversie psicologiche, si mette d’accordo con l’uomo, per uccidere lo scomodo marito e vivere felicemente assieme.

 

Massimo Girotti, Clara Calamai

Ossessione (1943): Massimo Girotti, Clara Calamai

 

Una moglie infelice, il ritratto della mediocrità piccolo-borghese ed un adulterio consumato in modo flagrante, sono elementi che spiegano l’ostilità del regime nei confronti del film, ma la rivoluzione di “Ossessione” è ben oltre i contenuti.
Visconti comprende che per creare una nuova via cinematografica, ci voglia una “nuova estetica”.
La scandalosa novità mostrata dal film, riguarda la forza espressiva dirompete e l’estrema carnalità passionale, emanata dai corpi di Clara Calamai e Massimo Girotti. Il regista va per ellissi, in merito ai rapporti sessuali ed al momento delittuoso, ma ritrae in tutta la potenza “carnale” i corpi dei due protagonisti, specie quello di Massimo Giotti, con quasi sempre indosso una canottiera aderente, che ne esalta le forme muscolose, con tanto di petto e schiena villosa esibiti senza pudore.
Se non fosse stato per l’anno problematico di uscita e la questione diritti, Girotti, avrebbe goduto a livello iconografico fama meritata, anni prima dei successivi e celebrati, Vittorio Gassman (Riso Amaro) e Marlon Brando (Tram che si Chiamava Desiderio), che divennero famosi in tutto il mondo, proprio per il fascino selvaggio emanato, tramite la canotta indossata.  
Le nuove immagini create da “Ossessione”, penetrano a fondo nelle menti degli spettatori, sorpresi, come lo sono gli occhi di Giovanna, appena vede il viso fascinoso di Gino, inquadrato con un carrello in avanzamento.
La disinibizione sessuale, che vuole scrollarsi di dosso anni ed anni di repressione, si manifesta in baci prolungati, volti collimanti e nelle inquadrature in primo piano del corpo di Clara Calamai sdraiata sul letto, attratta dal fisico selvaggio del vagabondo estraneo, il cui sudore, ben lungi dal dare una sensazione di sporcizia, gli conferisce un surplus di carica erotica, come se fosse un ulteriore “stimolo sessuale”, contrapposto al corpo sciatto, grasso e lardoso, del marito, asciugato da lei con gran disgusto, mentre di nascosto lancia sguardi nei confronti del neo-amante.
La scandalosa provocazione del cineasta, si riversa anche nella creazione del personaggio dello “Spagnolo” (Elio Marcuzzo), attorno al quale vi fu un dibattito critico acceso, tra chi lo vedeva come una figura politica, a causa delle sue azioni solidali, oppure un mero omosessuale, che in quanto tale, destava scandalo per ogni fazione politica. In realtà lo “Spagnolo”, sembra un palese rimando a Visconti stesso, non solo per il suo essere gay e di fede comunista, ma anche per via della sua natura errabonda, come lo sarà il regista stesso sino al secondo dopo guerra, quando si stabilirà a Roma definitivamente.
“Ossessione” disegna personaggi irrequieti, stanchi delle convenzioni sociali, del provincialismo deprimente di un’Italia percepita come soffocante, rurale e nauseante. I piani sequenza e la profondità di campo adoperati da Visconti, amplificano lo squallore esistenziale vissuto da Giovanna e Gino, ma entrambi saranno perennemente incapaci di trovare un nuovo orizzonte alternativo, perché psicologicamente ancorati al vecchio – la sicurezza economica da parte di lei e l’impossibilità di fermarsi da parte di lui -.
A circa cinquant’anni dalla nascita del cinema, Luchino Visconti, nell’anno più difficile di tutta la storia dell’Italia unita, regala ad un paese, in estremo ritardo sul fronte della settima arte, il suo primo capolavoro assoluto alla cinematografia mondiale.

 

Massimo Girotti, Clara Calamai

Ossessione (1943): Massimo Girotti, Clara Calamai

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori:  //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

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