Regia di Enzo Muzii vedi scheda film
Un giovane hippy torna dall’India, ma dentro di sé è cambiato; il suo unico desiderio è tornare là.
Si sa che in Italia tutto arriva più tardi; per Enzo Muzii, regista di questa pellicola, il Sessantotto è arrivato soltanto nel 1970. Una macchia rosa è quella che rimane fatalmente impressa nella mente di un hippy di ritorno da un’avventura spirituale in India; per una volta non c’entrano le droghe e almeno questo merito la sceneggiatura di Muzii, Tommaso Chiaretti e Ludovica (sorella di Carlo) Ripa di Meana ce l’ha: non banalizza, non sposta l’attenzione sui facili diversivi dell’epoca e non divaga in campo politico come la gran parte dei film di questo tipo girati in quegli anni. Una macchia rosa è un lavoro dalle radici intellettuali, nel quale per forza di cose i dialoghi prevalgono sull’azione e che proprio per questo gode di insufficiente ritmo ed è ricolmo di parole che spesso appaiono buttate lì, come qualsiasi dialogo scritto di una certa profondità appare, quando viene messo in scena. C’è un buon Giancarlo Giannini come protagonista, il che risolve già un po’ di problemi, e al suo fianco non mancano altri nomi degni di nota, come quelli di Delia Boccardo, Valeria Moriconi, Leopoldo Trieste e Orchidea de Santis. Sapientemente colorata, soluzione inevitabile dati gli argomenti del lungometraggio, la fotografia di Luciano Tovoli; la Ripa di Meana, curiosità, riveste qui per la prima e ultima volta il ruolo di assistente alla regia. 3,5/10.
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