Regia di Howard Hawks vedi scheda film
Jonathan Rosenbaum ha teorizzato su questo film nei termini di un’allegoria del jazz, per come funzioni meravigliosamente l’armonia delle parti in gioco. Una tesi suggestiva, benché il jazz non appaia esplicitamente nei fuochi d’artificio di Ball of Fire: il vero numero musicale del film è il jive affidato alla voce di Martha Tilton, una Drum Boogie che fuoriesce dalla bocca di Barbara Stanwyck. Ball of Fire appartiene anzitutto a lei, alla sua figura tridimensionale che divampa come un’eterna fiamma: cinica e romantica, maliarda e scafata, è una figura femminile nuova, inconsueta, dirompente che si fa archetipo multiforme d’una stagione. Nel copione scritto da Billy Wilder, è una Biancaneve, di gran lunga meno innocente della sua ispirazione, costretta a perdersi nel bosco e a rifugiarsi nella casetta dei sette nani: che però sono otto professori impegnati a redigere un’enciclopedia, tenuti a bada da una rigida governante (questi impareggiabili caratteristi, in bilico tra buffo infantilismo e malinconica senilità, reclamano un Oscar collettivo).
Tra di loro c’è anche il Principe Azzurro, che è Gary Cooper all’apice del suo splendore rooseveltiano, vittima designata nella sarcastica macchinazione wilderiana, uomo di cultura inesperto alla vita (impara la boxe sui libri, studia le procedure matrimoniali e fa scrivere il Riccardo III all’interno dell’anello) che si fa accompagnare dalla donna in un percorso di formazione sessual-sentimentale. Dio della commedia, Howard Hawks compone la scena con energia, ritmo, affetto, dando il meglio di sé nell’incredibile scontro tra i professori e i gangster. Più un balletto che un film, un musical senza canzoni, una magnifica delizia.
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