Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Mostrare l'osceno,quello che non puo' andare in scena. Il caso particolare di uno spettatore che irrompe nel teatro diventa la storia del film. La rappresentazione prima di diventare universale e biblica deve essere metaforica deve accartociarsi su se' stessa per negare la narrazione. La storia dello spettatore viene minacciata ma non raccontata, gli attori della rappresentazione non recitano, i protagonisti del film irrompono nel teatro perche' funzionali alla narrazione ma non alla rappresentazione. De Oliveira e' vertiginoso come pochi con le sue piccole variazioni della prima versione che fanno ricominciare il caso particolare dello spettatore imprevisto, del guardiano distratto, dell'attrice presuntuosa, dell' autore che ritiene la sua arte mutilata e dell'altro spettatore che entra in campo ponendo fine alla assurdita' apparente della recita. Il portoghese gioca con il film come se fosse una partitura musicale alla quale aggiungere o togliere elementi per raccontare tre volte la stessa storia. Nella quarta prova i personaggi che non dovevano stare in scena diventano gli attori di una rappresentazione classica, teatrale,simbolica e universale come puo' esserlo la Bibbia e il libro di Giobbe. Il nostro ci fa veramente girare la testa, dopo aver smontato la capacita narrativa del teatro attraverso la potenza del cinema di colorare e accellerare la scena, ha riaperto il sipario per una storia parabolica. De Oliveira gira il suo Rashomon passando per Pirandello per arrivare a Beckett e ai meta- film felliniani. Teatro astratto e commedia dell' arte, happening e mistero.
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