Regia di Mario Canale vedi scheda film
“La passione e l’utopia – Viaggio nel cinema dei F.lli Taviani”: da San Miniato in provincia di Pisa alla conquista di Roma. Un viaggio che Paolo e Vittorio hanno compiuto dal 1961 ai giorni nostri. Dalla storia del sindacalista Carnevale di “Un uomo da bruciare” con Valentino Orsini, a “I sovversivi”: le contraddizioni in seno alla sinistra. Per poi cavalcare la metafora come metodo cinematografico di racconto. La fiaba, talvolta, come strumento di racconto e chiave di interpretazione politica della storia. L’utopia è sempre sullo sfondo della loro cinematografia. Con “San Michele aveva un gallo” inaugurano una serie di film politici potenti e schierati. Il loro modello sembra essere Rossellini, ma non hanno il piglio pedante e didattico della fase televisiva del maestro del neorealismo. I fratelli hanno una cifra personale venata di malinconia, di prassi, di vivace follia e fanatismo nel raccontare. Per il feticcio del tempo (e grande interprete di quei formidabili anni) Giulio Brogi, San Michele, è un capolavoro dell’arte cinematografica. In “Allonsanfan” accentuano il carattere deciso delle rappresentazioni, utilizzano un divo partecipe come Marcello Mastroianni ed il risultato è spettacolare. Lina Nerli Taviani ricorda l’uso del colore e dei colori quale elemento di espressione di sentimenti ed emozioni. E a questo punto tocca rivedere le opere per riviverne queste suggestioni evocate.
Paolo e Vittorio, come Marco Ferreri, citano l’acqua e il mare come simboli di vita e di morte. Nanni Moretti, attore in “Padre padrone”, era e resta legato da una profonda ammirazione per il cinema dei Taviani ed è chiara l’ispirazione in molte sue opere, specie quelle degli anni ottanta. Egli ne apprezza il rigore della mdp fissa. “Rivendico l’utopia come momento di verità” è una frase che riassume l’idea di cinema e impegno profusi in tanti film. Il documentario di Mario Canale segue pedissequamente il pensiero e l’azione dei Taviani. Si sofferma tanto sulla genesi de “La notte di San Lorenzo”, film apicale in cui convergono al meglio i ricordi, la memoria, i (sopral)luoghi, la determinazione. Moretti torna, e chiude un ideale cerchio, come distributore della sorpresa “Cesare deve morire”, con il quale vinsero l’Orso d’oro a Berlino e con il quale tornarono ad essere degli esistenzialisti sovversivi. Dalla parte della giustizia e della libertà.
Oggi che non ci sono più, non ci resta che ricordare il loro valore storico cinematografico, non ci resta che continuare a coltivare la memoria (antifascista) del loro cinema.
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