Regia di Michael Bay vedi scheda film
Incentrato sull'attacco terroristico contro l'ambasciata americana a Benghazi, in Libia, l'11 settembre del 2012 attraverso le vicende di 6 membri della sicurezza GRS, mercenari al soldo di un avamposto segreto della CIA, che per 13 ore, durante l'inaspettato attacco ad opera di forze libiche, rimasero senza alcun supporto e, per sopravvivere, poterono contare soltanto l'uno sull'altro.
Il film è imperfetto ma estremamente semplice e lineare, forse anche piuttosto lungo ma non è mai noioso.
A Michael Bay può anche mancare l'interesse per la ricostruzione storica o la coerenza nelle scene di battaglia ma non può evitare di fare comunque un film possente, anche sfacciato e privo di ogni qualsivoglia sfumatura ma con la capacità di stimolare sensazioni e far montare l'adrenalina facendoti sentire il calore, la polvere, la paura o il peso stesso delle armi e la spossatezza dei suoi eroi, oltre all'inevitabile cameratismo muscolare tipico del suo cinema.
13 Hours dopo i primi 40 minuti di preparazione mette in scena gli eventi con una tensione crescente, quasi insostenibile, e momenti di estrema violenza, niente viene lasciato all'immaginazione dello spettatore pur senza un’eccessiva spettacolarizzazione.
Aspettarsi comunque momenti di attenta disamina politica, sociologica o sulla psicologia dei combattenti opposti tra loro è completamente fuori luogo, è comunque un film di Michael Bay, alfiere di quel cinema ipercinetico ed eccessivo costruito su misura per i Multiplex americani, a la rivisitazione dei fatti di Benghazi si trasforma inevitabilmente nella glorificazione dei contractors, militari veterani Made in USA restituiti alla società civile ma incapaci di privarsi della guerra o comunque ben consapevoli di come le loro capacità apprese nell'esercito, anche in conseguenza della crisi che ha colpito anche a casa, possano essere una fonte di guadagno come un'altra.
Le questione politiche e le ripercussioni successive agli eventi raccontate nel film, ad eccezioni delle consuete didascalie nei titoli di coda, vengono quasi totalmente omesse o genericamente ignorate e, se proprio vogliamo trovarvi un qualche elemento di invettiva questa è rivolta soprattutto all'amministrazione in carica durante i fatti narrati, in particolar modo all'allora Segretario di Stato Hillary Clinton, attraverso i riferimenti nemmeno troppo velati alla mancanza di interesse e di sostegno agli uomini sul campo, militari ma non solo (vedi l'ambasciatore americano abbandonato in un luogo privo delle più elementari misure di sicurezze) o del prevalere nell'amministrazione USA di burocrati inetti (il capo della base CIA a Benghazi) o la disorganizzazione dei soccorsi (i continui siparietti delle autorizzazioni e dei permessi delle autorità locali per poter intervenire).
Molto sobrio e funzionale infine il cast (John Krasinski, Pablo Schreiber, James Badge Dale, David Denman, Toby Stevens, Max Martini) privo di stelle o nomi di prima grandezza assecondando una scelta ben precisa del regista di negarsi qualsiasi tipo di enfasi.
VOTO: 7
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