Regia di Michael Bay vedi scheda film
Una striscia di terra che lambisce le acque agitate del Mediterraneo, lì dove il confine della terra libica sembra voler curvare vorticosamente verso est. Vicoli brulicanti di vita e culture diverse, che cercano disperatamente un amalgama impossibile. Le strade hanno il colore rosso del deserto libico, la polvere imbratta di vecchio i bazar. L'odore di morte è dietro l'angolo.
Ecco Bengasi.
Siamo nel settembre del 2012 in piena guerra civile , dopo la destituzione del governatore Gheddafi. Un avamposto diplomatico della CIA, residenza dell'ambasciatore americano Stevens, ed una dependance che funge da vero e proprio ufficio dell'agenzia , sono entrambi punti caldi del paese, che vengono attaccati dai ribelli. Sprovvisti di un adeguato corpo di guardia e privi delle difese necessarie , entrambi i punti verranno difesi strenuamente da sei soldati chiamati "contractors", mercenari al servizio dell'agenzia stessa, in attesa che arrivino i rinforzi.
Michael Bay, prendendo spunto da una storia realmente accaduta, realizza un opera sorprendente. 144 minuti di tensione profonda, una perizia tecnica che lascia sbalorditi, un montaggio (Scalia) che tiene le fila della narrazione, grazie anche ad una sceneggiatura che pur stereotipando un po' i caratteri, contribuisce a creare un senso di smarrimento totale, dove non si capisce chi siano i buoni e chi i cattivi. Diversi i momenti da ricordare: l'inseguimento del SUV fuori ambasciata lascia senza fiato. L'attacco alla dependance con i ribelli che arrancano nascosti dal gregge in piena notte sembra omaggiare " la notte dei morti viventi ".
E poi per una volta un finale che non celebra i supereroi americani, che invece vengono soccorsi dalle forze della coalizione governativa.
Bay può permettersi di produrre investendo milioni e poi dirigere film ai quali imprime il proprio stile fracassone in barba a qualunque equilibrio narrativo. Qui , pur non risparmiandoci i soliti quadretti familiari strappalacrime e qualche rallenty di troppo, realizza un opera che che con tutti i suoi limiti , mi sento di definire riuscita.
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