Regia di Duccio Tessari vedi scheda film
Dopo i tentativi dei vari Joaquìn Romero Marchent (finanziato da quella PEA che avrebbe esaltato la trilogia del dollaro di Sergio Leone con il secondo e terzo capitolo della serie), Mario Caiano, Umberto Lenzi, Luigi Capuano (che dedicò al personaggio tre film) e altri, Duccio Tessari riesce nell'impresa di rivitalizzare l'eroe mascherato inventato nel 1919 dallo scrittore pulp, ex reporter della polizia di stato, Johnston McCulley. L'operazione, sulla carta ardita e temeraria essendo il cappa e spada un genere ormai decaduto, riesce e ottiene un incredibile successo (diciottesimo posto nella classifica incassi italiana della stagione). Duccio Tessari, uno dei padri dello spaghetti western (suoi gli unici due Ringo originali) e collaboratore della prima ora di Sergio Leone, se ne ricorderà, dieci anni dopo, quando cercherà di far risorgere il genere western pescando dai fumetti bonelliani il mitico Tex Willer. Purtroppo gli anni ottanta saranno un'epoca ben diversa rispetto alla metà degli anni settanta, quando l'Italia riusciva ancora a competere con Hollywood. Sceneggiato da Giorgio Arlorio (aiuto regista di maestri del calibro di Pietro Germi, Mario Soldati e Michelangelo Antonioni) senza dare per scontate le pregresse conoscenze dello spettatore relative al personaggio, lo Zorro di Tessari parte dalla genesi dell'eroe. Spiega la provenienza della sigla “Z” e del perché Diego de la Vega si scagli contro i potenti. A parte alcune entrate in scena non ben legate al testo (ci sono molteplici vuoti narrativi anche nella parte finale, quando il personaggio soffrirà di una non sempre giustificata ubiquità), c'è un grande rispetto per i caratteri che hanno reso leggendario nell'immaginario collettivo il giustiziere mascherato. Zorro (che in spagnolo vuol dire “volpe”) è un personaggio dalla duplice identità che fungerà da ispirazione per i vari Superman e soprattutto Batman (che omaggerà, nel fumetto, Zorro nella scena della morte dei genitori di Bruce Wayne, assassinati all'ingresso di un cinema in cui è proiettato un film di Zorro). Imbranato e pauroso governatore dai modi effeminati che sfiorano l'idiozia nella vita di tutti i giorni; temerario sovversivo camuffato in nero, con mascherina nera sugli occhi, mantello, frusta e soprattutto fioretto, quando decide di entrare in azione. Un personaggio smargiasso, talmente superiore alle guardie gestite dal colonnello che ambisce ad assumere il controllo della Nuova Aragona (una colonia spagnolo nella punta settentrionale dell'America del Sud) da deriderle in tutti i modi. Alain Delon, star del polar francese (insieme a Jean Paul Belmondo, qua assente), è il personaggio giusto per incarnarlo. Tessari e i suoi sceneggiatori, forse, inseriscono qualche sequenza eccessiva, con Zorro che salta al volo dai tetti e finisce in sella all'inseparabile cavallo (che qua non si chiama Tornado) richiamato con un fischio. Eccezion fatta per qualche sequenza comicarella (quasi tutti quelle con il Sergente Garcia), si tratta del miglior film europeo sul personaggio che non tornerà più a godere di una certa notorietà fino ai tempi degli Zorro di Banderas.
Spettacolare per direzione e montaggio l'interminabile duello di spada col colonnello Huerta (il non troppo convincente Stanley Baker), una lunga sequenza che costituisce una vera e propria lezione di cinema, con Tessari che piazza la macchina da presa nei posti più impensabili così da rendere variegata la visione. Limitata nel numero dei temi disponibili, ma di notevole qualità la colonna sonora degli Oliver Onions, con l'apice della main theme Zorro is Back.
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