Regia di Roberto Andò vedi scheda film
In Germania, tra gli ospiti di un G8, tenuto dal potente direttore del FMI Daniel Roché ci sono un musicista (che può fare a meno delle parole), una scrittrice per bambini e un monaco certosino. Roberto Salus è il suo nome, scrive libri – forse in odore di eresia come il Bonaiuti che tiene in valigia – che affascinano il direttore francese. Quest’ultimo vuole “confessarsi” prima di togliersi la vita. Da qui si innesca un giallo Sciasciano dalla forte componente simbolica: un registratore di suoni della natura che sparisce e riappare, un upupa, un cane infedele e un’equazione enigmatica.
In un’atmosfera sospesa e al contempo rigorosa, un gruppo di potere gira attorno alle proprie debolezze, inadeguatezze e ad un uomo armato solo del silenzio e della sua etica. Se la confessione è un grido dell’anima, il tempo non esiste perché è una variabile dell’anima. I parlamenti sono retti da anime morte. Le banche sono moderne società segrete e come la mafia non devono rendere conto a nessuno. Fame e miseria sono solo ingredienti dello sviluppo e d’altronde ci sono fallimenti molto più grandi di quelli contabili. Infine, l’ultima forma di libertà è il silenzio. Questo imbastimento di citazioni è la cifra alta dei dialoghi tratti da “Le confessioni” di Roberto Andò.
Opera pregna di riflessioni e determinazioni. Alla fine della fiera l’equazione propinata da Roché a Salus è un bluff beffardo, voleva solo un illustre ultimo testimone ad una gran vita. Il monaco, dal canto suo, ha la regola del silenzio come resistenza alle umane tentazioni, alla supponenza e illusione dell’economia che decide le sorti degli Stati e del mondo. Ed essendo un ex matematico contrappone quella carta ai potenti della terra e ad una manovra apocalittica, lacrime e sangue in termini spiccioli. Il potere può essere inaccessibile, come i codici bancari conservati in una mente imprigionata dall’alzheimer.
Andò si conferma autore intenso, da affiancare ai navigati e sempre stimolanti Amelio e Bellocchio. Dirige bene uno stuolo di attori internazionali quali Daniel Auteil e Connie Nielsen, fino ai nostri Pierfrancesco Favino (serio e compunto) e al protagonista Toni Servillo, magnetico e da applausi.
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