Regia di Roberto Andò vedi scheda film
Premetto che non ho visto il film precedente di Roberto Andò (a leggere le recensioni di questo, pare sia quasi obbligatorio, al punto che penso di essere il solo italiano che non l'ha visto). Ho scelto di vederlo con considerevole ritardo non so bene perchè, forse mi ispirava poco, boh, in ogni caso è stata un'esperienza tutto sommato positiva. Lo stato attuale della sua accoglienza registra un interesse notevole del pubblico (è ancora ben piazzato nel nostro box office) e anche la stampa lo ha benvoluto, salvo qualche dubbio circa una supposta complessità dell'eventuale messaggio veicolato. Si tratta di opera raffinata e sofisticata al punto da far emergere qualche aspetto di compiacimento nei confronti di un certo pubblico radical chic (ma qui addebiterei questo elemento più al pubblico stesso (che va in cerca di certi clichè e magari li ravvisa anche quando non ci sono) piuttosto che all'autore, che ha realizzato un film interessante proprio in quanto apparentemente irrisolto ma in realtà convogliato in una direzione precisa. Per inciso, Andò oltre che come regista vi appare impegnato anche in qualità di co-sceneggiatore. Lo sfondo è originale e curioso. Un albergo di lusso collocato in un luogo della Germania sulle rive del Baltico, un resort esclusivo ed ovattato, sede ideale per un incontro internazionale dei rappresentanti delle maggiori potenze mondiali lì convenuti per decidere delle sorti economiche del pianeta. Della partita fanno parte anche (non ho poi mica capito il perchè) oltre ai massimi papaveri dell'economia anche una scrittrice, una rockstar cantautorale e un monaco italiano. Alcuni di questi personaggi vengono inseguiti dall'obbiettivo ed indagati senza in effetti che noi si apprenda molto di loro, salvo capricci e paturnie varie. Ma per il frate il discorso è diverso. Si intuisce subito che il suo peso morale e spirituale è immenso e la sua saggezza ieratica e imperscrutabile condizionerà l'intero meeting. Anche se l'evento scatenante primario è il suicidio di uno dei professoroni d'economia. Il film è dominato da un'atmosfera sospesa e -direi- piuttosto autoriale e quasi letteraria. E Andò è all'altezza di questo approccio impegnativo e vagamente pretenzioso. Una certa vaghezza intellettuale che avvolge l'opera è ben dosata, nel senso che l'incompiutezza che avvolge misteriosamente i lavori del convegno ne assume la qualità primaria, e forse il fascino discreto del film deriva prorpio da un suo pescare continuamente nell'indefinito, nell'oscuro, nei presentimenti, nei sospetti, ancorchè il tema sia concretissimo come lo è la deriva di crisi del pianeta cui il convegno ha il compito di reagire duramente. Ma qui sta il punto. E che è forse la sola cosa chiarissima che lo spettatore percepisce. Cioè la natura del pensiero del monaco. La saggezza, la semplicità, uno sguardo solidale e cristianamente generoso verso chi sta in basso, come elementi di una Rivoluzione Ideale contro una politica economica e sociale rigidamente tesa a disprezzare l'uomo per favorire in progresso economico che è una bolla vuota. I professoroni delineano formule matematiche per migliorare il mondo ma in realtà sono espressioni vuote, inutili, che -come è sempre accaduto- non risolleveranno il mondo come tronfiamente i suddetti professori vanno ostentando. il monaco li smascheta clamorosamente e il suo silenzio, la sua estrema pacatezza (in realtà ieratica fermezza) è la sua arma che denuda i potenti del mondo. Poi ci sono siparietti (e non lo dico in senso negativo) che cercano di scavare su certi personaggi (soprattutto la scrittrice) ma quelli sono già più complessi da inquadrare nell'ottica complessiva dell'opera. Un film politico? Dipende da come lo si osserva, però è innegabile che quel frate ha in sè qualcosa di ferocemente anticapitalista. Efficacissima è la tenacia e la serena carica di coerenza che egli oppone alla tronfiaggine di coloro che spacciano per "salvare il mondo" quella che è routine e che non farà che peggiorare le cose richiamando la solita perenne immarcescibile formula a base di austerity e sacrifici. Quanto di più lontano dalla visione del monaco, che adotta invece criteri di giustizia sociale in chiave di messaggio spirituale globale. Il film funziona, in forza di uno stile elegante e raffinato, sostenuto da bravi attori e da musiche funzionali. Certo, ovvio perfino, che un film del genere fa scappare dalla sala i giovani dopo i primi tre minuti, ma poi chissenefrega. Intanto abbiamo piazzato nel box office una pellicola di qualità. E se poi il pubblico delle multisale farà solo finta di capirlo e in realtà si annoierà, chissenefrega anche di questo, peggio per loro. Toni Servillo e Pierfrancesco Favino: forse i due migliori attori del cinema italiano finalmente insieme (curioso, perchè entrambi son stati indicati in un recente passato come eredi del talento di Gian Maria Volontè). Bravo come suo solito Daniel Auteuil. Come pure la bella Connie Nielsen. Musiche del Maestro Nicola Piovani. Sipario.
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