Regia di Roberto Andò vedi scheda film
A presenziare ai lavori di un G8 vengono invitati anche una scrittrice di libri per bambini, una rockstar e un monaco. Se i primi due non capiscono bene come mai si trovino lì, il terzo pare a suo agio fin da subito e prende a confessare i potenti della Terra. Ma una notte, subito dopo un colloquio con il monaco, il direttore del Fondo Monetario Internazionale si suicida. Ciò che l'uomo ha rivelato in confessione, però, non può essere rivelato per nessuna ragione.
Il sesto lungometraggio firmato da Roberto Andò è, come vuole la tradizione del suo autore, un'opera complessa, che si presta a più letture e che si propone come strumento di riflessione sulla contemporaneità; arriva a tre anni di distanza dalla personale disamina sullo stato dell'Italia, cioè Viva la libertà (2013) - Toni Servillo protagonista anche in quel caso - e si propone di interpretare gli sviluppi dell'Europa, e dell'umanità con essa, in questo buio periodo di brutali e non sempre limpide commistioni fra economia e politica. Come in Viva la libertà, il personaggio di Servillo (in questo caso è il monaco Salus) è sfuggente e intriso di filosofia; Le confessioni di Sant'Agostino non sono una semplice coincidenza rispetto al titolo del film - che pure gode di una sceneggiatura originale di Andò e Angelo Pasquini - e proprio Salus è la figura che maggiormente richiama l'opera con il suo atteggiamento e le sue parole ("Non c'è nessuna utilità nel Male"; "Solo il Signore sa e giudica, io non posso giudicare", es.). Mentre in superficie affiorano simili considerazioni, la struttura di base del film è quella di un giallo nel quale viene quasi subito a mancare uno dei personaggi centrali e lo spettatore finisce travolto da un vortice di supposizioni, dubbi e mistero, domandandosi non soltanto le ragioni del gesto, ma anche chi possa conoscerle realmente. Uno stato d'animo effettivamente compatibile con quello provato dai cittadini di fronte ai loro rappresentanti politici in riunione segreta, come nel caso di un G8. Fra gli altri interpreti: Daniel Auteuil, Connie Nielsen, Marie-Josée Croze, Lambert Wilson e Pierfrancesco Favino (che, pur capace di reggere bene la scena in altre circostanze, in questo giallo-dramma psicologico non dà il meglio di sè). Fra le pecche del lavoro, il ritmo altalenante che rischia di affossare la tensione anzichè fomentarla; buon lavoro per la fotografia (Maurizio Calvesi) e la colonna sonora di Nicola Piovani. 6/10.
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