Regia di Vincenzo Petrarolo vedi scheda film
Ebbene, circa due anni fa, in data precisa 18 Settembre 2018, uscì una mia intervista per Daruma View Cinema a Vincenzo Petrarolo, ovvero la seguente: http://darumaview.it/2018/intervista-vincenzo-petrarolo-follower
Intervista, potrei dire, minuziosamente dettagliata e innestata su domande sobrie al fine d’indagare soprattutto nell’animo di un regista italiano, espatriato spesso all’Estero, nel nostro Belpaese ritornato, certamente pugnace. Che è pur sempre meglio d’incapace.
Mentre, pressappoco 16 ore fa, sul suo canale YouTube, sotto il filmato del trailer del suo particolare Lilith’s Hell, inserii smodatamente, quasi immoderatamente, di certo coraggiosamente, oserei dire, tale mio commento assai sincero, scevro d’ogni possibile ruffianeria disdicevole malgrado, così come a seguire vi narrerò, fra me e Vincenzo recentemente non corse buon sangue e il sottoscritto si lasciò andare ad esternazioni un po’ riprovevoli, probabilmente anche perdonabili, eh eh.
https://www.youtube.com/watch?v=bazDvf4NCtk
Ora, premesso, attestato, oserei dire, acclarato quanto sopra scrissi e riportai con cura estrema e un po’ d’orgoglio da nuovo Gianni Minà dell’underground giornalistico, debbo onestamente anche asserire e testé, sì, tostamente e ivi riferirvi che io e Vincenzo, qualche giorno fa, diciamo che litigammo accesamente, scambiandoci vocali alquanto feroci su WhatsApp e, per l’appunto, via dicendo. Voluta ripetizione mia del verbo dire coniugato personalmente al plurale di presente che fu oramai oggi anneritosi. Ah ah.
Potremmo, per l’appunto, dire che io e Vincenzo, conosciutici attraverso l’intervista succitata a voi qui mostratavi, chissà se mai dal vivo vistici, bisticciammo.
E ciò me ne dispiace. Spesso, amici, si litiga per nulla di che, per moti d’orgoglio di sicuro non belli. Si litiga a causa di prese di posizione radicali difficilmente sanabili.
Fatto sta che, trascrivendovi e copia-incollandovi qua il commento da me (e)messo sul suo canale, non rinnego affatto le mie parole dedicategli:
Petrarolo è un regista che proviene da una cultura forse oggigiorno persasi. Ispirandosi dichiaratamente, fra gli altri, al grande Dario Argento, come per sua stessa ammissione, non lesina nel rischiare, investendo personalmente nei film in cui crede. Come chiunque, trova difficoltà a prospettare i suoi progetti. Poiché i registi coraggiosi, in Italia, sono senza dubbio affossati, spesso, da un sistema catto-borghese legato a logiche produttive e commerciali ove s’investe, paradossalmente, ancora meno rispetto agli anni settanta su chi parzialmente è ancora “sconosciuto” mentre prima, per l’appunto, cineasti stoici come Dario Argento trovavano i soldi necessari per portare avanti i loro sogni. Oggi, invece, malgrado lo spopolare di Netflix, la diffusione mondiale dei social e la libera circolazione delle idee internettiana/e, ci si è chiusi anacronisticamente più di prima. Petrarolo ha molto da dire e, ripeto, non ha paura di niente. Le sue prime opere, forse, non sono esenti da difetti e prive di errori, non sono insomma perfette. Perlomeno, Petrarolo ci mette la faccia e affronta temi, come l’horror, affastellando le sue conoscenze cinematografiche in maniera non banale. I suoi film sono certamente interessanti. Gliene va dato sicuramente atto. Personalmente, non mi riconosco in alcuni suoi stilemi e “fisse” come le troppe citazioni, per l’appunto, alle pellicole del passato e dei maestri del thriller e della suspense che l’hanno profondamente ispirato, segnato e da cui attinge a piene mani. E preferirei che fosse totalmente personale. Ma, ribadisco, di questi tempi in cui abbondano le banalità a buon mercato e in cui s’è persa memoria proprio del passato, cinematografico e non solo, ci va già grassa assistere a film come Lilith’s Hell che, malgrado le loro “incertezze”, sono dei guilty pleasure che fanno, eccome, la loro porca figura.
Dunque, guardate questo suo film. Difficile trovarlo ma lo rintraccerete. Fidatevi.
Per quanto mi concerne, ho terminato l’editing del mio prossimo romanzo in stream of consciousness, intitolato La leggenda dei lucenti temerari.
La prefazione, curata da D. Stanzione, critico per Best Movie, dovrebbe essermi consegnata nei giorni susseguenti a quello odierno, cioè la prossima settimana.
Ricordate, il Falotico ne sa una più del diavolo. Sembra che s(t)ia sempre sul punto di morire, invece dispone di molte frecce al suo arco.
Anche quando interpreta, in modo volutamente demenziale, la parte dell’uomo in calzamaglia a mo’ di Robin Hood di Mel Brooks.
Adesso, se vogliamo scherzare, sono disposto allo scherzo. Dunque, datemi pure tutte le patenti di sfigato, disgraziato e demente di sor(ra)ta.
Se vogliamo dircela tutta, un Falotico rigenerato è un uomo che conosce benissimo Il Falò... delle vanità (https://www.youtube.com/watch?v=5taE7Os02hQ).
Persino il Petrarolo.
E questo è quanto.
Ne vedrete delle belle, insomma.
Di mio, mi accontento della mia lei, è più bella di tutte. E non vi sto raccontando una balla, mie bei bulli.
Sì, di me vi beaste ma ora belate.
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