Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
"Per te la causa è sempre quella: il voodoo...".
"Lucas non lo sa, ma il padre di mio padre diceva che quando i morti usciranno dalla tomba, i vivi saranno il loro sangue!".
"Andiamo, non ha senso, è una stupida superstizione".
"Hai ragione, dottore, tu sai molte più cose di Lucas".
"Io mi rifiuto di credere che il voodoo possa far tornare in vita i morti!".
"E io non credo che i morti siano morti...".
[Richard Johnson e Dakar]
Incipit: una barca alla deriva al largo del porto di New York, sospinta dal vento verso l'imbarcadero di Coney Island. Nessuna traccia dell'equipaggio, soltanto segni di colluttazioni e danni. Una motovedetta della guardia costiera la abborda, i due poliziotti che la ispezionano vengono assaliti da uno zombie, uno dei due agenti viene ucciso, l'orrenda creatura finisce in mare e scompare negli abissi...
Sulla vicenda indagano il giornalista Peter West (Ian McCulloch) e Ann Bowles (Tisa Farrow, sorella di Mia), la figlia del proprietario del battello, partito tre mesi prima per Matul, un'isola (immaginaria) dei Caraibi, per incontrare l'amico Menard (Richard Johnson) e poi misteriosamente scomparso.
Dopo aver letto un'agghiacciante lettera di Bowles indirizzata alla figlia ma poi non spedita ("A causa della mia morbosa curiosità ho contratto una misteriosa malattia. Ora mi stanno studiando come una cavia, ma so che non lascerò quest'isola mai più, almeno da vivo") decidono di partire immediatamente per Matul, dove giungono grazie a una coppia di turisti americani, Susan (Auretta Gay) e Brian (Al Cliver), che, in partenza per una vacanza di due mesi tra le isole dei Caraibi, accettano di accompagnarli con la loro imbarcazione. Già durante il viaggio, però, quando Susan viene assalita da uno zombie durante un'immersione subacquea, avranno modo di rendersi conto di quali inquietanti misteri circondino Matul. Sull'isola, infatti, grava una terrificante maledizione
voodoo: i cadaveri tornano in vita affamati di carne umana, la popolazione è decimata, l'ospedale di Matul è invaso da malati moribondi e il dottor Menard, che abita sull'isola insieme alla sempre più terrorizzata moglie Paola (Olga Karlatos), assistito soltanto dall'infermiera Clara (Stefania D'Amario) e dall'inserviente Lucas (Dakar, nome d'arte di Alejandro Barrera) è impotente di fronte agli eventi. Quando viene raggiunto da Ann e gli altri si prodiga di spiegazioni: "Conobbi suo padre alcuni anni fa, quando venne qui per la prima volta: quando poteva, veniva a passare qualche settimana da me a Matul. E quando lui si ammalò, preferì restare qui invece di salpare come gli consigliavo. No, non volle darmi ascolto, anzi mi pregò di approfittare dell'occasione per usarlo come una cavia, per tentare di scoprire le cause di questa orrenda e misteriosa malattia e trovare un rimedio prima che quest'isola si trasformasse in un mostruoso lazzaretto. Suo padre era un uomo molto coraggioso e tale si comportò fino alla fine". Ma neanche Menard è in grado di fornirle ulteriori dettagli plausibili: "Gli indigeni dicono che dipende dal voodoo, che è stato il nuovo sciamano a evocare questi zombi, ma io dico che c'è una spiegazione più razionale, si tratta solo di trovarla". Ma non c'è tempo: i morti viventi sono ormai ovunque e per i pochi sopravvissuti al contagio è l'inizio di una disperata e terrificante lotta per la sopravvivenza.
Per la sua prima (e casuale: il film doveva essere diretto da Enzo G. Castellari) incursione nel genere horror, Lucio Fulci sceglie di rileggerne uno dei filoni storici e più suggestivi (dal precursore L'isola degli zombies, 1932, di Victor Halperin al classico Ho camminato con uno zombie, 1943, diretto da Jacques Tourneur, passando per titoli come Voodoo Man, 1944, di William Beaudine, L'isola stregata degli zombies, 1957, di Reginald Le Borg, un gioiellino come Carnival of Souls, 1962, di Herk Harvey, fino a opere più recenti come la saga dei resuscitati ciechi, in quattro capitoli tra il 1971 e il 1975, di Armando De Ossorio, il cult movie La morte dietro la porta, 1972, di Bob Clark, il delirio di Non si deve profanare il sonno dei morti, 1974, di Jorge Grau, gli zombi nazisti di L'occhio nel triangolo, 1977, di Ken Wiederhorn e uno dei modelli ispiratori dichiarato dallo stesso Fulci, ovvero La lunga notte dell'orrore, 1966, di John Gilling) per cavalcare l'onda del successo dei primi due capitoli romeriani della saga dei morti viventi. Sarà grazie all'inventiva e al talento di Fulci, però, se Zombi 2 si rivelerà, sin dalla sua apparizione, un cult movie assoluto del genere splatter, perchè, nonostante il gancio del titolo italiano, le scorie essenzialmente "derivative" e gli elementi in comune con il film di Romero sono ben poche: il risultato finale, infatti, è un horror implacabile ed efferato, che polverizza ogni implacazione politica e sociale del cinema di Romero per abbracciare in toto l'estetica del raccapriccio e concentrarsi esclusivamente sulla crudeltà e la violenza nell'esibizione della paura, approccio evidente sin dal make-up con cui sono ricreati gli zombi, trasformati in orripilanti ammassi ambulanti di carne putrefatta, divorata dai vermi e dalla decomposizione.
La pre-produzione del film venne avviata a maggio del 1978 (quando Zombi di Romero non è ancora uscito in Italia) con il titolo iniziale di L'isola degli zombi, poi modificato nel definitivo Zombi 2 al termine delle riprese per sfruttare, adesso sì, la scia di Romero, il cui film spopolava nelle sale cinematografiche americane proprio durante la trasferta newyorkese della troupe di Fulci. Nel progetto originario il modello ispiratore non era Dawn of the Dead, ma il precedente Night of the Living Dead, trasportato, però, in un'ambientazione caraibica per immergere nei panorami da cartolina la rievocazione dei riti voodoo. Per le riprese, oltre a quelle (clandestine) a New York, venne scelta la Repubblica Dominicana, con la casa produttrice, la Variety Film, che per rientrare delle spese sfruttò le locations per girare contemporaneamente anche un film porno (che uscirà con il titolo di Sesso profondo), dove appariva anche l'inconsapevole Al Cliver, alias Pierluigi Conti: "Quando mi contattarono per Zombi 2 mi dissero: 'Senti, già che c'è la trasferta, per rientrare un po' dei soldi, facciamo pure un altro film, una commedia all'italiana'. E io, ingenuo, dissi: 'Va bene', non avevo nulla in contrario. Questa commedia all'italiana si tramutò prima in un film erotico e poi in un film porno, al che fui costretto ad abbandonare il set. Trovarono un compromesso: invece di essere attore nel film, ero uno spettatore di 'certi' avvenimenti".
La sceneggiatura, decisamente approssimativa per quanto riguardava gli sviluppi della trama ma molto più dettagliata nella descrizione delle sequenze clou, venne approntata da Dardano Sacchetti (ispirato, secondo la leggenda, dalla lettura di una saga del Tex di Gian Luigi Bonelli pubblicata tra il marzo e il giugno del 1971 – i celeberrimi Il figlio di Mefisto, I quattro amuleti, Magia nera e Il veliero maledetto – a cui, restando in tema, è possibile senz'altro accostare tra le probabili influenze, un'ulteriore, celebre saga di un altro personaggio bonelliano, lo Zagor alle prese, tra il febbraio e il maggio del 1973, con gli zombi di Haiti negli episodi All'ultimo sangue, Vudu!, La notte dei maghi e Zombi, per i testi di Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli, e i disegni di Franco Bignotti), che non firmò lo script concedendo gli onori della ribalta a sua moglie Elisa Briganti. Ricorda Giannetto De Rossi: "Mi hanno chiamato i produttori, che erano Ugo Tucci e Fabrizio De Angelis, e mi hanno detto che volevano rifare, cercare di copiare, La notte dei morti viventi di Romero. Mi hanno dato il copione, l'ho letto e poi ho incontrato Fulci, al quale ho detto che non era il caso di rifare Romero perchè non avevamo una sceneggiatura, non avevamo un cast eccezionale e pensavo fosse più giusto puntare su un'immagine veramente horror". Sono due, quindi, gli elementi fondamentali alla base del successo dell'operazione di Fulci: sfruttare il fascino dell'ambientazione e puntare sulle estremizzazioni più truculente dell'horror. Scrive, a tal proposito, Graziano Misuraca nell'articolo Da Matul a Brooklyn (da Alias n. 8 del 20 febbraio 2010): "Zombi 2, di Lucio Fulci, fu certo girato sulla scia del successo di George A. Romero, ma, con abile dribbling, il nostro regista riportò le storie di zombi nel crogiolo caraibico. Fulci lo ricordò a Romero (e Argento) quando i due se la presero per il successo mondiale del film. La cosa curiosa di Zombi 2 è che forse scioccò gli americani per il finale: gli zombi straccioni si preparano a fare la loro festa di morte passando per il ponte di Brooklyn, cioè per l'unica scena che in qualche modo 'fa concorrenza' a Romero, che aveva preferito far caracollare i mostri in un centro commerciale".
Se del cast si ricordano soltanto l'interpretazione di Richard Johnson, sicuramente più convincente dei legnosi Ian McCulloch e Al Cliver e della titubante Tisa Farrow, e la bellezza di Olga Karlatos e Auretta Gay, più di una doverosa menzione meritano, invece, la splendida fotografia di Sergio Salvati (a cui si aggiungono, per le riprese subacquee, i talenti di Ramòn Bravo e Paolo Curto), gli incalzanti ritmi tribali della colonna sonora di Fabio Frizzi e Giorgio Cascio, tripudio di percussioni e sintetizzatori indiavolati e, naturalmente, gli strepitosi effetti speciali e il trucco curati da Giannetto De Rossi. Molti, infine, i momenti memorabili del film: l'incipit a largo di New York, la magnifica sequenza della perlustrazione notturna di Peter e Ann sulla barca, risolta in gag ma magistralmente condotta sul filo di un impeccabile crescendo di suspense, il combattimento subacqueo tra lo zombie e lo squalo, gli scorci delle strade del villaggio, con la sabbia alzata dal vento, l'atmosfera malsana e putrescente e l'inquietante incedere degli zombi vaganti, la morte di Paola, la moglie del dottor Menard, altra lunghissima e strepitosa sequenza notturna, culminante in un atroce e celeberrimo epilogo splatter, gli zombi che escono da sottoterra mentre Ann e Peter si stanno baciando, l'assedio nell'ospedale (omaggiato da Tarantino e Rodriguez nel prologo di Dal tramonto all'alba), delirio pirotecnico e incalzante di tensione, suspense, orrori e distruzione e dove da Romero si passa a Carpenter e alle dinamiche angoscianti del survival game, il colpo di coda finale sul ponte di Brooklyn, prevedibile ma di straordinaria visionarietà apocalittica.
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