Regia di Maurizio Lucidi vedi scheda film
La struggente e tormentata relazione fra due trombamici colleghi di lavoro in ospedale.
Per carità, l’amore è capace di muovere il sole e le altre stelle, i suoi misteriosi percorsi ci sorprendono quotidianamente e infine, come argomento in sé, è stato capace di ispirare alcune fra le maggiori opere letterarie e artistiche della Storia; da qui a dedicare un film a un amore ‘a dondolo’ e cioè alla passione estemporanea che coglie (e passa; e poi ricoglie e ripassa) due trombamici colleghi di lavoro, però, ce ne passa. Per essere completa la sceneggiatura di Ottavio Jemma inserisce anche l’elemento della morte: la pellicola si dà un tono parlando di leucemia e prende improvvisamente una china funebre, salvo ritrattare tutto poco dopo dicendo che si trattava di uno scherzo: la malattia terminale era solo uno stratagemma che il protagonista maschile usava per attirare a sé la partner. Un amore a dondolo è una modestissima celebrazione del sesso-senza-amore sotto forma di fiction televisiva, senza particolare appeal nella forma e con un duo di interpreti centrali che lascia parecchio a desiderare: meno Annamaria Malipiero, ma sicuramente Danny Quinn, figlio del più artisticamente dotato Anthony. Produzione Rai, cento minuti di durata che sembrano infiniti: francamente come ultima regia a coronamento di 35 anni di carriera Maurizio Lucidi avrebbe meritato qualcosina di più. 2/10.
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