Regia di Woody Allen vedi scheda film
Un Allen particolarmente ispirato realizza un mockumentary anomalo, dal simbolismo parossistico e geniale che certamente non può non essere apprezzato. Un finto documentario, eppure molto più realistico di quanto lascerebbe immaginare il genere prescelto…
A dire il vero, tuttavia, devo ammettere di aver fatto davvero fatica a finire di vedere il film (stavolta, a quanto pare, il “chribio1” della situazione lo faccio io).
Subito subito mi ha spiazzato. Ho cercato di capire se per caso non abbia preso un abbaglio (ma altrettanto repentina è la constatazione che proprio dello Zelig di Allen si trattava). Dopodiché, all’iniziale stupore, misto (lo riconosco) ad un sincero divertimento (per l’originalità e la sagacia della trama), subentra (troppo facilmente a mio avviso) la fase dell’analisi psicoanalitica, così come (altrettanto velocemente), una forte pesantezza delle palpebre. Le tecniche ipnotiche praticate dalla dott.ssa Fletcher(M.Farrow) devono aver funzionato anche su di me; o forse si deve essere trattato della storia in sé considerata. Più che curiosa, grottesca e i risvolti pedagogici si dimostrano troppo marcati e troppo diretti. Il (geniale, eppur traumatico) passaggio dalla sedia dello psicologo al lettino del paziente (alfatocoferolo) avrebbe richiesto minor pedanteria.
Zelig rimane, comunque, un assai intelligente esperimento cinematografico, cui Allen (per fortuna) non manca di attribuire anche una veste (tragi)comica (potendo fare affidamento sulle mirabolanti doti camaleontiche del suo protagonista e sulla perdurante gravidanza di delirio e psicosi della società moderna) che, però (ripeto), nel dichiarare platealmente i propri intenti sociologici e nello sfondare gli argini della satira per piombare a capofitto nel grottesco più esagerato non regge la durata di un lungometraggio (per quanto, comunque, decisamente contenuta).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta