Regia di Woody Allen vedi scheda film
Leonard Zelig nasconde la risata. Dissimula l'ironia alleniana, la traveste da inchiesta anticonformista, da proto mockumentary, e noi, se capaci d'intuirlo, rideremo sovrappensiero dove Allen condannando si fa beffe, e rideremo di gusto, dove l'Allen comico puro offre lezioni senza rete, getta perle senza temere che vadano perdute, si riserva microscene da percepire come frames ultrasonici, ci disegna minuscoli, e proprio dal nostro punto di vista.
Il più debole Allen, sballottato dall'insipienza umana, sforna il meno comico ed il più geniale dei suoi film.
Il nostro si elegge vittima e carnefice concedendosi, spettatore ed attore, l'intera visione teatrale ed intervenendo di fine cesello.
Camaleonticamente beffa e si fa beffe anche di se medesimo simulando la sorpresa nella troupe che non riesce più ad identificarlo.
Ringrazia sui titoli di testa gli elementi del suo fantastico excursus, proprio per instillare la fraudolenza intenzionale, gioca con la pellicola, il colore, l’ambiguità. Si moltiplica sino a fingere un ritorno alla normalità. Ma in realtà non è mai esistito e la fine del film celebra il trionfo del fake.
Solo a volerlo potrebbe sparire per sempre, ai nostri occhi, Leonard Zelig.
E con lui il cinema.
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