Regia di Tim Burton vedi scheda film
Uno degli sport nazionali piu' in voga degli ultimi anni pare essere quello di tirare m**da su ogni nuovo lavoro di Woody Allen e di Tim Burton. Certo, de gustibus, ma qui io rilevo un accanimento tignoso che fatico a giustificare. E per quanto riguarda il sottoscritto continuo (e presumo continuerò) ad amare entrambi questi due Maestri che -a parte gli alti e bassi fisiologici di ogni cineasta- hanno dato un contributo alla storia del cinema contemporaneo che sarebbe sciagurato porre in discussione. Prendiamo quest'ultimo pregevolissimo lavoro curato da Burton, che io ho trovato semplicemente meraviglioso, ancorchè a solo un paio di giorni dall'uscita già oggetto di sputacchiose sentenze da parte dei soliti saputelli di ordinaria estrazione "damsina". Affari loro. Il film è una gioia per gli occhi e per la mente. Ci restituisce il miglior Burton, quello che ci conduce ad esplorare Altri Mondi, attraverso visioni terrificanti, paure ancestrali, mostri divoratori, in una esplosione di suggestioni gotiche che egli -magicamente- riesce a coniugare con un cinema che si rivolge in buona parte ai piu' giovani, contaminando la narrazione horror con il romanzo di formazione e con una struggente anima fiabesca tra romanticismo e sentimenti. Ecco dunque il segreto di Burton: la realizzazione del corto circuito perfetto tra il romanzo fiabesco e la fantasy gotica, a determinare quella magìa che chiameremo Favola Nera. E rileviamo che in questo campo il cineasta americano non ha nè rivali nè imitatori, trattandosi di una scelta tutto sommato sofisticata e di pellicole destinate sì ad un consumo popolare ma abbastanza complesse ed articolate da interessare ampiamente anche un pubblico di intenditori di cinema di qualità. Un cinema dunque che riesce ad essere pop ma al contempo di consistenza indiscutibile. Il film in oggetto, pur senza rappresentare la vena migliore dell'autore, è catalogabile tra i suoi piu' riusciti, soprattutto per l'energia (rinnovata) con cui l'autore coniuga paure gotiche con linguaggio favolistico realizzando un magico equilibrio che seduce lo spettatore e -facendolo sognare ad occhi aperti- adempie a quella funzione immaginifica che è primaria tra quelle del mezzo cinematografico. Ammantando il tutto con quella irresistibie vena di "poetica freak" che è carattere dstintivo di ogni sua opera. Assistiamo a soluzioni visive che sono puro Genio (mi viene in mente la sequenza in cui vediamo uno scontro coi mostri denominati Vacui (resi davvero di aspetto terrificante da un design geniale) sullo sfondo di un Luna Park costoro si muovono accompagnati da un impagabile sottofondo musicale simil-techno. Ma non è che una minima chicca di un film la cui indole visionaria sfrenata affascina senza scampo lo spettatore. Altro aspetto che mi era sfuggito ma che ho valutato a posteriori solo dopo la visione grazie ad una recensione del mio fedele "Film TV": cioè che la condizione di "riserva" in cui vivono circoscritti i ragazzi del film (denominati gli "Speciali" in quanto "diversi") può essere interpretata come metafora dell'Olocausto, dove i Vacui guidati da un malvagio Samuel Jackson sarebbero i nazisti della situazione. Si comincia con un adolescente che ascolta il nonno che gli racconta della sua vita avventurosa tra viaggi e continenti e di lì si parte verso una vicenda che ondeggia nel tempo (gli "anelli temporali"), e insomma questo ragazzino di nome Jake finisce in una casa abitata da ragazzi stranissimi e dotati di poteri incredibili, coordinati da una bellissima signora (la Miss Pregrine del titolo) che può trasformarsi in un uccello e prendere il volo. Questi ragazzini sono una galleria impagabile di freaks, che divertono i piu' giovani ma attirano l'attenzione dei cinefili. Poi arriva l'esercito dei cattivi, mostri terrificanti e spaventosi. E su tutto questo aleggia per tutto il film la figura romantica del nonno che funge da raccordo tra i differenti piani temporali del film. Il cast è formidabile. Il giovane Asa Butterfield se la cava benissimo da protagonista. Eva Green è di una bellezza talmente intensa da rasentare l'inquietudine. Segnalo poi Allison Janney, attrice non notissima ma molto efficace, qui nei panni della psicologa e che avevamo visto in tempi recentissimi nei panni della poliziotta detective ne "La ragazza del treno". Poi ancora Judi Dench in un ruolo non ampio ma lei riesce comunque ad essere sempre magica. Poi un piu' che mai istrionico (oltre la gigioneria!) Samuel Jackson. E anche Rupert Everett nei panni di un ornitologo. Ma i miei personali riflettori vorrei puntarli su una specie di mostro cinematografico che si chiama Terence Stamp. Un attore inglese che meriterebbe un monumento se non altro per la sua cinematografia sterminata (dai Tre Passi nel Delirio di felliniana memoria al curioso "Priscilla") e che ora è ancora con noi ad esibire i suoi famosi "occhi di ghiaccio" (per i piu' giovani che non lo conoscessero, nel film lui è il nonno). Infine non posso non segnalare sui titoli di coda un pezzo pazzescamente bello cantato da Florence and The Machine.
Sì, "poetica freak"...e qui caro Tim non ti batte nessuno.
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