La recensione su Il professor Cenerentolo

di scandoniano

2 stelle

Coraggioso cinepanettone firmato Pieraccioni, che osa spingersi in territori inesplorati nel suo cinema fino ad oggi tutto uguale. Pieraccioni ha il pregio di (provare a) inventare qualcosa di nuovo: questo lo porta a cambiare gli equilibri (non è più l’egocentrico protagonista assoluto di tutte le scene), i temi (il suo Umberto è uno sfortunato, malinconico, per quanto sessualmente – e immancabilmente - bramato ingegnere di mezza età), addirittura i toni (il politicamente scorretto la fa da padrone), mantenendo tuttavia il fil rouge dei buoni sentimenti e del garbo che ne hanno caratterizzato la poetica fin dagli esordi.

Il tentativo di rinnovarsi però non basta, soprattutto quando la scrittura è così flebile, nessun tema viene approfondito a dovere, tutto è lasciato al caso, il finale (ma non è una novità) è completamente insoddisfacente, ma soprattutto, ahilui, non si ride quasi mai (se non di nervosismo per i beceri siparietti con il vessato Davide Marotta). Alcune situazioni sono inverosimili (come l’infatuazione per Umberto della giovane figlia del suo direttore di carcere, che il protagonista appella con vezzeggiativi stucchevoli, tutti legati al colore della pelle della ragazza – sulla base di una falsissima finta-trasgressione), mentre al contrario alcune denotano un certo valore, come il toccante momento del commiato dalla figlia Martina, che lo abbandona nel bel mezzo di un colloquio in carcere sputandogli in faccia una verità che lo punge nell’orgoglio, ed in cui Pieraccioni dimostra, con quell’espressione a metà tra padre ferito e uomo orgoglioso, di essere anche un buon attore drammatico.

Complessivamente però il film è l’ennesimo, fragile tentativo da parte di Pieraccioni di rinverdire i fasti che furono; un tentativo che nonostante il coraggio di aver esplorato nuovi lidi, puzza di fallimento, tanto da renderlo non dissimile, e forse anche difficilmente distinguibile, dai film che da “Il principe e il pirata” in avanti hanno finito per ridimensionarne la reputazione di autore, ma a quanto pare non la sua voglia di fare cinema.