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Bagdad Café

Regia di Percy Adlon vedi scheda film

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La recensione su Bagdad Café

di ElsaGreer
9 stelle

 

L'oasi è fatta per il corpo,

il deserto per l'anima.

 

- Proverbio africano -

 

"Bagdad Café" di Percy Adlon, è uno di quei gioielli che andrebbero visti almeno una volta nella vita e rispolverati, di tanto in tanto, come cura e terapia per l’anima. E’ un sogno, un desiderio forse incompiuto, un miraggio nel deserto, è serenità, è musica.

Ad iniziare dalla protagonista Jasmin (Marianne Sägebrecht), una dolce, corpulenta, ma aggraziata donna tedesca, vestita di tutto punto nel suo tradizionale abito bavarese, che cammina lungo un' immaginaria, soleggiata e polverosa strada nel mezzo del deserto per giungere inaspettatamente al Motel Bagdad Café, animato da personaggi stravaganti, lunatici, grotteschi, ma sinceri. Un luogo dove lo spazio è infinito, non esistono tempo e confini, si è sospesi. E’ un melting pot di razze, personalità, sentimenti, dalla proprietaria Brenda (CCH Pounder), confusionaria, scontrosa e nevrotica, sino ad un romantico sognatore Jack Palance, nel ruolo dell’insolito pittore Rudi Cox. Due donne così diverse Jasmin e Brenda, fisicamente, etnicamente, caratterialmente, ma così perfettamente in sintonia. Da luogo polveroso e trasandato Jasmin riesce a trasformare il café in un posto magico, sereno, ordinato. Nella maniacale cura della donna tedesca per la pulizia sembra emergere il desiderio di riordino nella sua vita, una terapia inconsapevole, per sé stessa e per gli altri. Una leggiadra grazia che stupisce, contrapposta ad una fisicità imponente e terribilmente irresistibile, tanto da ammaliare Rudi che chiederà la sua mano (Jack Palance in questo insolito ruolo è stupendamente sé stesso, il suo personaggio rispecchia la sua vera vena artistica, come nella realtà, Palance era un estimato pittore e poeta). Un film artistico, surreale, onirico, dove non mancano citazioni ad artisti come Hopper e Botero (nello splendido ritratto che Rudi fa a Jasmin). Le musiche sono la cornice perfetta di questo quadro, Bach e una meravigliosa colonna sonora, Calling You di Javetta Steele, icona e biglietto da visita di questo film, musica che arriva dritta al cuore.

Un luogo nel deserto in mezzo al nulla ma al centro del mondo. E’ il mondo racchiuso in un unico posto, un posto che è ovunque o in nessun luogo. E’ il deserto che conosce e riconosce le persone, che le svela per ciò che sono. Il passato sembra non esistere, al deserto non importa. E’ il deserto che trova noi stessi, che conosce le risposte, ma non le rivela, lasciando il futuro avvolto da un manto polveroso.

 

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