Regia di Visar Morina vedi scheda film
La giuria di Karlovy Vary ha assegnato il premio per la miglior regia al kossovaro Visar Morina per il suo "Babai" che - per quel che ne so io - dovrebbe essere addirittura la sua matura opera prima.
La vicenda raccontata nel film, ambientata al tempo della tragedia consumata all'indomani della disgregazione dell'ex-Jugoslavia a causa delle sanguinose guerre che si generarono per il riemergere divecchissimi conflitti territoriali, etnici e religiosi mai sopiti e che solo la mano di ferro del regime castrante di Tito era stata capace di tenere a bada per così lungo tempo, non presenta elementi di particolare novità,. Quello che è importante però è il constatare che il lavoro svolto da Morina è solido e ben organizzato e tale da meritare attenzione e non solo per ragioni etiche, ma anche e sprattutto per una questione di stile e di forma che è davvero di buona qualità.
Possiamo dire comunque che il tema trattqato è di assoluta attualità perchè anche se parla del passato (un passato abbastanza prossimo comunque) è facilmente applicabile anche al presente e a ciò che sta acadendo, di analogo forse con proporizioni ancor più di portata biblica di allora.
Sia pure con non troppa originalità narrativa (ma è purtroppo la Storia, quella con l'esse maiuscola ad essere ripetitiva) il tasso di coinvolgente drammaticità che produce è dunque molto forte, tanto da poterla definire una sorta di tragico road movie attravarso il quale è possibile (per gli uomini di buona volontà ovviamente, non certo per la maggioranza silenziose dei Salviniani e derivati) leggere in controluce attraverso i fatti di quei giorni, anche il dramma dei milioni di persone costrette ancora oggi dalle guerre a cui nessuno vuol prestare troppa attenzione occupati come siamo ad erigere nuovi preoccupanti muri, ad abbandonare le proprie case e spesso anche i propri affetti, per cercare altrove, mettendo a rischio anche la vita, quello che purtroppo la loro terra non può garantire più.
Entrando nel concreto, il film è la storia di un ragazzino alla disperata ricerca di suo padre, emigrato in Germania, ma del quale non si hanno più notizie.
Per provare a raggiungerlo (o a capire che fine ha fatto) dopo essersi procurato i soldi derubando un nonno che non intende appoggiarlo in questa sua impresa, intraprenderà da solo uno dei tanti viaggi della speranza affrontando pericoli di ogni sorta (compreso quello costituito dai mercanti di esseri umani ugulmente da noi sottovalutato) seguendo le orme delle altre migliaia di immigrati clandestini che - come lui - coltivano la vana speranza di trovare così almeno un'ipotesi di futuro un po' meno oscura.
Il ricongiugnimento familiare ci sarà (il genitore non è morto, come si poteva supporre prima) ma questo non risolve certo la questione poichè il ragazzo sarà costretto a sperimentare sulla propria pelle quanto sia illusorio il sogno del paradiso tedesco, tanto che il conseguente, inevitabile ritorno a casa, sarà ancora peggiore perchè avrà definitivasmente annullato ogni speranza.
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