Regia di Paul May vedi scheda film
La guerra è ormai persa e, tranne pochi fanatici, l'hanno capito tutti. E la maggior parte cerca di trarre vantaggio dal clima di disfatta. I soldati al fronte sperano di potersi ritirare portando a casa la pelle, mentre gli elementi più compromessi con il regime nazista tentano di impadronirsi dei soldi per potersi garantire una fuga all'estero o una nuova rispettabilità. Qualcun altro, come l'impareggiabile Kowalski, progetta già di impiantare un giro d'affari con gli americani che stanno arrivando, mentre l'ormai sottotenente Asch torna a casa, dove il padre, che in un primo tempo aveva simpatizzato per il nazionalsocialismo, gestisce un'osteria.
È l'ultimo capitolo della trilogia che il regista Paul May trasse dai romanzi del connazionale Hans Hellmut Kirst: la Germania è al suo anno zero, ma non tutto il paese è ridotto come la Berlino descritta da Rossellini; qualcuno già pensa a programmare il futuro e i prodromi della Guerra Fredda fanno sì che le potenze occidentali vincitrici siano con i tedeschi (quelli sotto la loro giurisdizione) meno dure di quanto erano state al termine della Grande Guerra. In film come questi, purtroppo quasi sconosciuti al grande pubblico, si possono rintracciare i semi di opere capitali del cinema tedesco degli anni Settanta ed Ottanta, come Il matrimonio di Maria Braun o Heimat.
Si deve peraltro lodare la scelta di un buon numero di interpreti che ritroveremo attivo nel cinema europeo dei decenni seguenti (si pensi a Mario Adorf, titolare di una parte collaterale, ma sempre più importante con il procedere della trama e il susseguirsi dei tre capitoli).
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