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Agente 007. Vendetta privata

Regia di John Glen vedi scheda film

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La recensione su Agente 007. Vendetta privata

di maso
7 stelle

 

La seconda ed ultima volta di Timothy Dalton nel ruolo di OO7 è per me anni luce migliore del suo film d'esordio che ho già massacrato a dovere nell'apposita review.

"Licence to kill" è un film molto controverso e criticato dai fans della serie che lo reputano pieno di troppe cose superflue, prima fra tutte l'intervento dei ninja mandati da Q per salvare la pelle a Bond, qualche caduta di tono imperdonabile come l’allegria di Leiter alla fine, il finale stesso un po’ zuccheroso ed una palese atmosfera dark e splatter che esplode con la testa di Anthony Zerbe. Al di la di queste pecche questo capitolo ha parecchi punti a suo favore a mio modo di vedere, forse la critica peggiore che gli si può muovere e di presentare un impianto più simile a Miami Vice che imperversava in quegli anni rispetto ad un Bond movie classico, però quando uscii dal cinema in quel lontano '89 esclamai "Mi sono proprio divertito".

L’avventura di 007 inizia con il matrimonio del collega storico Felix Leiter, interpretato per la prima volta da un attore che aveva già rivestito questo ruolo nel precedentissimo “Live and let die”, la cerimonia ha un piccolo contrattempo per via di un’azione spettacolare di Bond e Leiter finalizzata alla cattura dello spacciatore internazionale Jorge Sanchez che si rivelerà essere il cattivo principale della vicenda, in questa pretitle sequence risaltano due punti di forza del film: un nemico minaccioso perfettamente caratterizzato da Robert Davi e una conduzione eccezionale delle riprese di John Glenn nelle scene d’azione che risulteranno fra le più spettacolari di tutta la serie.

A cerimonia conclusa la moglie di Leiter chiede a James quando si sposerà e Bond non può far altro che glissare sull’argomento, ho apprezzato questo rimando al film con George Lazenby perché suona un po’ come nota di collegamento fra la precedente caratterizzazione di Dalton piuttosto romantica e quella in questo film davvero cazzuta che rende “Licence to kill” un film assolutamente unico nella serie tanto che riesco a capire perché molti fans lo disprezzano.

OO7 non deve affrontare un megalomane che vuole conquistare il mondo ma vendicarsi di Sanchez che è evaso e ha ucciso la moglie di Leiter e mutilato il suo vecchio amico, da cui il titolo italiano “Vendetta privata” che risolse il problema di non poter tradurre il titolo originale già utilizzato per il primissimo film con Connery.

Bond intraprende la missione senza l’appoggio del MI6, anzi si trova quasi a dover affrontare M che lo sospende ufficiosamente dal servizio, durante la sua vendetta privata OO7 imbastisce un piano simile a quello del samurai in “Yojimbo” o se preferite il pistolero in “Per un pugno di dollari” facendo il doppio gioco con la gang di Sanchez e quella rivale mettendo gli uni contro gli altri anche all’interno delle organizzazioni, tutto ciò allontana molto il personaggio dal Bond classico di Fleming anche perché il film risulta alquanto violento e dark nei toni e fu per questo vietato ai minori di quattordici anni in Inghilterra.

L’assoluta lontananza dai canoni del Bond classico e l’umorismo ridotto all’osso sono prerogative che non esaltano troppo il mio palato ma non posso negare che il film ha un ritmo serrato e Timothy Dalton da una prova d’attore non solo eccellente nella gamma di espressioni ma soprattutto nelle scene d’azione per le quali è stato doppiato da uno stuntman solo in quelle estremamente pericolose.

La fine degli anni ottanta coincide con la fine del Bond giocoso per famiglie che Moore aveva interpretato per tre lustri cedendo il passo a un personaggio più incline ad essere inquadrato come un cane poliziotto sguinzagliato alle prese con uno sadico psicopatico che prende a cinghiate la sua donna ed ha uno scagnozzo altrettanto psicopatico interpretato da un giovane Benicio del Toro, questi notevoli cambiamenti sono stati mal graditi dal pubblico,  “Licence to kill”  è il fanalino di coda degli incassi per OO7 che non tornerà al cinema per otto lunghi anni, un lasso di tempo troppo ampio per poter consentire a Dalton di rispettare il contratto che prevedeva la partecipazione a tre film.

Il mio giudizio sul film tende molto ad esaltarlo nonostante sia un storia poco bondiana che è stata realizzata con grande impegno da parte di Glenn, non a caso lo giudica il suo miglior film e il cast a disposizione e i suoi collaboratori lo hanno seguito alla grande Dalton in primis, le cose che mi rimangono più impresse sono: Carey Lowell nei panni dell’agente Pam Bouvier, pur essendo una attrice appena discreta è davvero indimenticabile quando nell’ascensore trasforma un tubino in una minigonna slacciando una zip, una Bond girl molto bella ed abbastanza attiva nell’affiancare OO7, le scene d’azione avvincenti prima fra tutte quella finale emblematica con Bond che conclude la sua insolita missione autogestita con un inseguimento in strada che suona ancora di poliziesco ma ha un ultimo sussulto per come Bond uccide Sanchez rivelando con la sua arma il vero scopo del suo agire, la potente title track cantata a tutte tonsille da Gladis Knight e costruita con bella intuizione sul riff di Goldfinger.

Non so se Fleming lo avrebbe apprezzato, probabilmente no ma rispetto a molto Moore demente e pensionato e qualche Brosnan asettico e dozzinale vale sicuramente una visione anche e soprattutto per i non fans della serie ai quali piace il cinema d’azione.

Veramente orrende le locandine ma questo lo si deve al cambio di titolo all'ultimo momento da "Licence revoked" a "Licence to kill".

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