Regia di Robert Wise, Jerome Robbins vedi scheda film
Il musical più bello della storia del cinema è Cantando Sotto la Pioggia di Stanley Donen e Gene Kelly (1952), ma il mio preferito è West Side Story di Robert Wise e Jerome Robbins per via del suoi risvolti e contenuti sociali.
Non si giudica un film dalla copertina, ma quel lampione di luce che illumina il buio (un barlume di ragione che tenta di illuminare il buio pesto che simboleggia l'ignoranza generatrice dell'odio razziale), è un immagine che mi ha scaldato a tal punto il cuore che mi ha spinto a comprare il film, senza averlo mai visto. Scelta ampiamente ricompensata.
La storia oramai è leggenda, siamo nella New York di fine anni Cinquanta e due giovani Maria (Natalie Wood) e Tony (Richard Beymer) si innamorano l'uno dell'altra, ma la rispettiva appartenenza a due gang rivali (Sharks i portoricani e Jets gli americani) metterà i bastoni tra le ruote alla loro relazione.
Girato nel 1961, West Side Story è un musical inconsueto rispetto ai canoni del periodo e anticipa alcune tematiche che saranno sviluppate con piglio molto più contestatario e con una messa in scena differente da fine anni 60' in poi con l'avvento della New Hollywood.
Come avete potuto intuire dalla sinossi, ci troviamo in tutto e per tutto innanzi ad un Romeo e Giulietta ambientato in epoca contemporanea solo che al posto delle famiglie rivali, abbiamo messo contro Portoricani e Americani; due facce differenti degli Stati Uniti. Il tutto come da consuetudine risulta fuso con una tenera quanto idealista storia d'amore tra Maria (una dolcissima Natalie Wood) e Tony (quel cagnaccio di Richard Beymer viene surclassato dalla sua partner) che riescono a superare le proprie reciproche differenze etniche, a favore del rispetto e dell'amore reciproco che entrambi nutrono verso l'uno per l'altro.
Ho un pò di perplessità per Natalie Wood nel ruolo; cioè recita bene evitando nel possibile di far scadere il film nella melassa (la sceneggiatura enfatizza un po' troppo questa storia d'amore in effetti, ma come portoricana non è credibile visto che a momenti è più bianca del suo partner! Scurirle la pelle non era possibile?), però sinceramente non mi và di contestare un ruolo che oramai è assurto ad icona e di certo non sarò io nel 2018 a muovere contestazioni (e tra l'altro le altre candidate, Elisabeth Taylor e Audrey Hepburn, presentavano il medesimo problema e poi questo era un ruolo che doveva essere portato in scena da un'attrice americana conscia dei problemi del suo paese). Inoltre é doppiata nel canto da Marnie Nixon (lo è anche il suo partner maschile), ma non lo considero un problema.
Siamo innanzi ad un musical che si muove tra realismo (l'inquadratura iniziale in dissolvenza dall'alto di New York che inquadra i palazzi è un'idea registica decisamente suggestiva; pieno modernismo pop); e idealismo spinto (giochi con i colori, amore tra i due protagonisti, eclissamento immediato di alcuni conflitti emotivi etc...). Finale prevedibile se si conosce la fonte da cui tale opera si ispira, ma che mantiene tutta la sua enorme potenza drammatica. Messaggio che può apparire semplice e scontato, ma visto che oggi si parla ancora di frontiere e di scontri tra noi e ipotetici loro (la polizia tra l'altro è pienamente responsabile di questa situazione, nonché fomentatrice di odio anch'essa), questo film ha ancora molto da dire e non a caso comunque ammetto di essermi commosso; un amore stroncato è il sacrificio necessario che forse può far superare il reciproco odio... l'essere umano è stupido e finché non la combina grossa in modo irreparabile, non riesce ad imparare la lezione.
Il film dopo oltre 50 anni non sarebbe ricordato, se non presentasse delle canzoni indimenticabili (Maria, America o Tonight), che mettono a nudo le contraddizioni del paese mettendo in discussione il sogno americano ed hanno un forte spessore contenutistico nei testi (solo My Fair Lady successivamente nel musical classico presenta testi più incisivi); le ragazze portoricane vogliono la piena integrazione, mentre i maschi più disillusi giustamente dicono che tutto questo progresso e benessere da loro non è percepito per niente, poichè hanno paghe da fame e non possono permettersi niente dei piaceri offerti dall'America capitalista. Devo precisare però che il film vuole essere un inno alla tolleranza piuttosto che un attacco al capitalismo (questo avrebbe reso il film ancor più incisivo). Se Wise fu imposto dalla produzione per la sua capacità di limitare i costi e mormalizzare il film, Jerome Robbins crea delle coreografie fresche ed originali ancora per lo spettatore odierno.
Forse ho percepito un pò troppo la teatralità in qualche spezzone, ma comunque il lavoro che c'è dietro è enorme (scenografie mostruose).
Grossi incassi (oltre 40 milioni se non erro all'epoca) e ben 10 oscar tra cui miglior film e regia. Si spera in futuro che anche la critica nostrana lo elevi al rango di capolavoro, perché è una pellicola che come ho evidenziato non è perfetta, ma ha grandissimo cuore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta