Regia di Gabriele Muccino vedi scheda film
Venezia 73 - Cinema del giardino
Reduce dalle ultime esperienze americane (Quello che so sull’amore e Padri e figlie) che non hanno saputo replicare i successi precedenti (la collaborazione con Will Smith gli ha fruttato parecchi crediti), Gabriele Muccino con questo film sembra volersi depurare dalle scorie di un cinema formato maxi che pone tanti paletti ed è sempre pronto a voltarti le spalle da un momento all’altro.
Purtroppo, è sempre complicato fare un rewind radicale (nel frattempo, tanta acqua è passata sotto i ponti), e il clima di libertà, e almeno in parte di ispirazione, dei suoi esordi – Ecco fatto e Come te nessuno mai – rimane parecchio distante.
Ci sono comunque delle cose, almeno parzialmente, abbastanza stimolanti come, ad esempio, l’aver accompagnato la classica storia di formazione di due adolescenti alle vicende di una coppia omosessuale e poi l’aver scelto di alternare in scena l’italiano all’inglese, una particolarità che non va nella direzione di piacere (per forza) al pubblico ma dell’autenticità della situazione (dovrebbe essere una cosa normale ma capita raramente).
Invece, il fatto che i clichè siano presenti in buon numero è un difetto a metà; infatti, i protagonisti fanno parte di un mondo che ne abusa e i loro genitori, come poi vediamo fin troppo spesso in televisione, non sono sempre dei buoni insegnanti di vita (per esempio, la prima posizione di Maria sulla coppia omosessuale sembra provenire proprio da un insegnamento impartito dall’alto).
Sul resto, le ombre tendono a nascondere le (potenziali) fonti di luce; sia all’inizio che alla fine, ritroviamo discorsi, spesso in prima persona, fin troppo ampollosi, in generale ci scappa anche qualche risata piuttosto sincera, ma poi rimane il dubbio che non sempre sia questo il risultato ricercato, tra i giovani interpreti non ce ne è nessuno che spicchi e troppi frangenti - di suo lo sviluppo ne prevede parecchi - vengono trattati velocemente, come se si trattasse di passi irrilevanti anche quando - come avviene per Maria nel momento che la vede aprirsi improvvisamente al divertimento più sfrenato – subito dopo sono gli stessi protagonisti a ricordarci come si tratti di un punto di passaggio determinante per loro.
Infine, non aiutano nemmeno alcuni appesantimenti nei rapporti interpersonali che, se poco o per nulla introdotti o spiegati, finiscono con l’apparire scelte poco calibrate.
Rimane comunque il fatto che il cinema italiano fatichi, tra le altre cose, tremendamente a raccontare i giovani di oggi – qui anche la trasferta americana non segna un necessario scarto a livello di estetica – e non siamo altro che di fronte a un nuovo tentativo descrittivo, purtroppo non andato a buon fine (per di più, tornare indietro nel tempo per un autore è sempre operazione complicata).
Un mix di pensiero tra che ne sarà di noi e cosa resterà di questa estate, per Gabriele Muccino è comunque un (piccolo) segno di chi sta cercando un rinnovo.
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