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Wall Street

Regia di Oliver Stone vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Wall Street

di FABIO1971
8 stelle

"Io non creo niente, io posseggo. E noi facciamo le regole. Le notizie, le guerre, le carestie, le sommosse, il prezzo di uno spillo: tiriamo fuori conigli dal cilindro mentre gli altri, seduti, si domandano come accidenti abbiamo fatto. Non sarai tanto ingenuo da credere che viviamo in una democrazia, vero Buddy? È il libero mercato e tu ne fai parte".
[Michael Douglas a Charlie Sheen]

New York, 1985: Gordon Gekko (Michael Douglas) è uno squalo dell'alta finanza ("Mister delicatezza: a trenta secondi dall'esplosione del Challenger vendeva allo scoperto le azioni della Nasa"), Bud Fox (Charlie Sheen) un broker in cattive acque: dal loro incontro nascerà una proficua ed ambigua collaborazione. A Bud, infatti, lo spregiudicato Gekko, dopo avergli impartito le opportune "lezioni", affida il suo denaro per speculare in borsa:
"La gente là fuori lancia freccette su un bersaglio: io non lancio nessuna freccetta, io scommetto solo sul sicuro. Leggi Sun Tzu, 'L'arte della guerra': "Una battaglia è vinta prima che sia combattuta". Riflettici: non sei furbo come credevo, Buddy mio. Sai perchè i gestori di fondi non superano mai l'indice Standard & Poor's 500? Perchè sono pecore. E le pecore vengono scannate. Io sono in questo business dal '69, il più di questi laureati di Harvard non valgono un cazzo: serve gente povera, furba e affamata. E senza sentimenti. A volte vinci, a volte perdi, ma continui a combattere. E se vuoi un amico, prendi un cane: questa è guerra di trincea".
La preda delle loro macchinazioni è il magnate britannico Larry Wildman (Terence Stamp), potente rivale di Gekko in procinto di acquisire il controllo di una delle più importanti acciaierie del paese. La scalata sociale di Buddy è vertiginosa: arrivano i soldi, il superattico con vista mozzafiato sulla skyline newyorkese, l'amore con la bella arredatrice Darien (Daryl Hannah). La sua aspirazione assoluta è il successo, come spiega proprio a Darien: "Credi che farò il broker tutta la vita? Io diventerò un gigante, un 'entrepreneur' nel vero senso della parola, un promotore, un ariete. Io punto alle stelle, Darien, e tu mi accompagni nel viaggio". L'avidità (e non a caso il titolo di lavorazione del film era Greed, come il capolavoro di Erich Von Stroheim, sostituito, poi, da Wall Street dopo il clamoroso crollo delle borse internazionali del "lunedì nero", il 19 ottobre 1987) è divenuta l'unico nutrimento per il suo ego in rampa di lancio, le parole di Gekko lo inebriano: "L'avidità è valida, l'avidità è giusta, l'avidità funziona, l'avidità chiarifica, penetra e cattura l'essenza dello spirito evolutivo. L'avidità, in tutte le sue forme, l'avidità di vita, di amore, di sapere, di denaro, ha improntato lo slancio in avanti di tutta l'umanità". Carl (Martin Sheen), il padre di Buddy, caporeparto e sindacalista in una piccola compagnia aerea, tenta inutilmente di aprire gli occhi al figlio: "Quello ti sta usando, ha le tue palle infilate nel taschino, ma tu sei cieco e non vedi". Ormai, però, è troppo tardi: Gekko, infatti, costringendolo a speculare proprio sulla compagnia in cui lavora suo padre, pone Buddy di fronte alla triste realtà da cui si è lasciato invischiare: "È tutta questione di soldi, ragazzo, il resto è conversazione". A Buddy, ormai inerme ed accecato, non resta che soccombere di fronte alla cinica e spietata eloquenza di Gekko: "Il denaro c'è ma non si vede, qualcuno vince e qualcuno perde. Il denaro, di per sè, non si fa nè si perde, semplicemente si trasferisce da un'illusione a un'altra, magicamente. Quel quadro lì lo comprai dieci anni fa per 60000 dollari, oggi potrei venderlo a 600000: l'illusione è diventata realtà. E più reale diventa, più tutti accanitamente la vogliono: il capitalismo al suo meglio". Deluso e ferito nell'orgoglio, Buddy decide allora di sfidare Gekko in una disperata battaglia sui listini di Wall Street: e, come per ogni colosso d'argilla, the harder they come, the harder they fall...
Wall Street, quinto lungometraggio di Oliver Stone (fresco trionfatore agli Oscar con Platoon), scritto dallo stesso regista (che lo dedica al padre Louis, agente di borsa morto proprio nel 1985, l'anno in cui è ambientata la vicenda) insieme a Stanley Weiser, costituisce un'impietosa istantanea del sogno americano negli anni Ottanta di Reagan: il rampantismo, l'edonismo e l'individualismo senza freni, le immorali brame di potere, l'adorazione estatica del dio denaro, il "tutto e subito", la barbara frenesia della corsa al successo, l'homo homini lupus. E l'avidità, ovviamente, cibo prediletto per anime a cui "alla nascita hanno amputato l'etica". Stone demolisce le degenerazioni del capitalismo a (metaforici) colpi di mitra: il sistema economico, l'alta finanza sono campi minati dove la perenne guerra che ne squassa le fondamenta esige sempre e comunque i suoi tributi, calpestando qualunque ostacolo impedisca ai suoi "soldati" la glorificazione sull'altare del Potere. L'eccesso (con qualche ingenuità e schematismo di troppo) è la cifra stilistica principale della messinscena (e degli sviluppi drammaturgici della vicenda), dominata e tesa sino allo spasimo da una macchina da presa mobilissima, dai suggestivi split screen, dal ritmo serrato ed incalzante del racconto (impeccabile il montaggio curato da Claire Simpson, premiata con l'Oscar l'anno precedente per Platoon), incorniciati dalla fotografia smagliante di Robert Richardson (fidato collaboratore di Stone da Salvador in poi) e dalla splendida colonna sonora di Stewart Copeland (ex batterista prima dei Curved Air e poi, naturalmente, dei Police), a cui si affiancano alcune magnifiche perle: dal Frank Sinatra di Fly Me to the Moon durante i titoli di testa, che scorrono sulle immagini dell'alba sulla città, alla coppia Brian Eno-David Byrne, di cui vengono proposte le meravigliose America Is Waiting e Mea Culpa, entrambe estratte dall'album-capolavoro My Life in the Bush of Ghosts. E ancora: Stan Getz alle prese con Antonio Carlos Jobim (Desafinado e Quiet Nights of Quiet Starts), Kenny G (Midnight Motion), i Talking Heads di This Must Be the Place durante i titoli di coda. Oscar come miglior attore protagonista a un superbo Michael Douglas, capofila dell'ottimo cast, dove si segnalano, oltre a quelle dei protagonisti principali (esclusa Daryl Hannah, "premiata", invece, col Razzie come peggior attrice dell'anno), anche le performance di John C. McGinley (nei panni di Marvin, il broker amico di Buddy), Hal Holbrook, Sean Young, Saul Rubinek e James Spader.

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