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La tartaruga rossa

Regia di Michael Dudok de Wit vedi scheda film

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La recensione su La tartaruga rossa

di pazuzu
9 stelle

 

Dopo la candidatura all'Oscar nel 1996 con il corto d'animazione The Monk and the Fish, e soprattutto dopo la vincita della statuetta nel 2001 nella medesima categoria con Father and Daughter, il regista olandese Michael Dudok de Wit ha attirato l'attenzione di Iaso Takahata, tanto da ricevere dallo stesso, nel 2006, la proposta di fare con lui ed il suo Studio Ghibli il suo primo lungometraggio. Partito nel 2007, il progetto ha attraversato nove lunghi anni di gestazione, dei quali i primi tre solamente per la creazione dello storyboard da cui poi s'è sviluppato il resto: il risultato è un film che rasenta l'eccellenza, e che proprio attraverso lo stile, il tratto grafico e l'attenzione alle tematiche inerenti la natura, giustifica la scelta dello studio fondato da Hayao Miyazaki - notoriamente restio a muoversi al di fuori dal Giappone - di guardare, per una volta, anche oltre i confini patrii.

 

 

Realizzato utilizzando attori veri come modelli per dare agli animatori la possibilità di rendere la gestualità dei personaggi al massimo del realismo, ricorrendo per la massima parte dei disegni al 'Cintiq', una penna grafica digitale che imprime direttamente l'immagine su uno schermo, con l'eccezione del 3D per i movimenti della zattera e quelli della tartaruga, e della carta a carboncino per gli sfondi, capace - quest'ultima - di rendere nei campi lunghi uno splendido effetto rumore, La tortue rouge consta in ottanta minuti di pura poesia.
Senza nemmeno il bisogno di servirsi dei dialoghi, Dudok de Wit utilizza la tartaruga ed il suo mito di animale tanto longevo da apparire quasi immortale per mostrare le tappe della vita di un essere umano, evidenziando il progressivo mutamento della sua percezione della natura, che da nemica diventa pian piano complice.

 

 

Determinante è anche la scelta dei colori, dove al rosso denso della tartaruga - il rosso del sangue e del fuoco, della rabbia e della passione - che si staglia su tutto, fanno da contraltare i blocchi di sfumature quasi monocromatiche: dal bianco e nero tout court che domina le scene notturne, alle tonalità seppia che si fanno onnivore quando le rocce e la sabbia vanno a confondersi col cielo cupo, fino al verde e all'azzurro che si fanno dominanti, rispettivamente, nel bosco e nel mare aperto con cielo terso. Accompagnato dalle suggestive musiche di Laurent Perez Del Mar, Dudok de Wit trasforma la semplicità in lirismo e conferisce ai passaggi più onirici e surreali un senso di magia e incanto, donando a La tortue rouge, nella sua circolarità di fondo e nella sua narcotica genuinità, il respiro eterno della fiaba d'altri tempi.

 

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