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La tartaruga rossa

Regia di Michael Dudok de Wit vedi scheda film

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La recensione su La tartaruga rossa

di lamettrie
4 stelle

Insignificante perché inverosimile e inconcludente: questo film merita un giudizio negativo, nonostante tanti innegabili pregi. Che sono: un disegno finissimo; colori splendidi; un sonoro ottimo; un suggestivo accompagnamento musicale.

Ma il resto è sconclusionato: il tema classico del naufragio rischia di cadere nel banale, come accade qui. Stranamente non accade nulla di davvero tragico (quando è notorio che in contesti del genere è un miracolo sopravvivere per vari anni di fila, soprattutto se da soli o quasi). Dopo 20 anni circa arriva uno tsunami: lecita e doverosa citazione dei mali che può infliggere involontariamente la natura, che non è solo splendida come (giustamente) viene dipinta da disegni meravigliosi come in questo cartone animato; eppure tutti sopravvivono e si ritrovano, in modo ben poco credibile.

Le inverosimiglianze non sono certo finite qui: in famiglia non parlano, nemmeno dopo 20 anni (il che è impossibile: una qualunque comunità di homo sapiens sapiens stipula una forma di linguaggio, per quanto rudimentale, dopo un periodo del genere, al fine di sopravvivere meglio, quanto meno).

La cosa più assurda è la tartaruga che si trasforma, diventa una donna, che poi torna ad essere tartaruga. Il tutto completamente gratuito. Il classico esempio in cui un artista butta lì, in modo infelice, delle idee, confuse e limitate, sperando poi che la critica e il pubblico abbocchino, vedendovi chissà quali significati reconditi, che alla prova dei fatti però si sciolgono, come neve al sole. In Italia, ovviamente, la retorica, così come l'abitudine a rendere credibile ciò che non lo è, è stata ben corroborata dall’educazione al falso e all’illusorio, per vari motivi storici che non è certo ora il caso di sviscerare. Pertanto, non stupisce che opere come queste siano state esaltate con tanta acriticità, con tutto il rispetto (e tale errore è stato compiuto non solo in Italia, sia chiaro). La poesia deve palesare, almeno in qualche modo chiaro, del senso serio. Altrimenti, non fa del bene, se è puro “sogno”, ovvero evasione fina a se stessa.

Per proseguire sulla ridda di inverosimiglianze: il figlio che se ne va (per dove? Per morire dove? Perché?); la famiglia che brucia i pali (perché?)…

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