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Quo vado?

Regia di Gennaro Nunziante vedi scheda film

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La recensione su Quo vado?

di barabbovich
1 stelle

Il film che in poche settimane ha polverizzato ogni precedente record d'incassi dell'intera storia del cinema italiano rappresenta un'occasione troppo ghiotta per capire chi e cosa rappresenti l'ethos di un popolo (quello italiano, purtroppo). Fiero di non di non aver scucito neppure un centesimo al Checco nazionale, decido così - per pura vocazione professionale - di sorbirmi un'ora e venti di idiozia integrale, uno spettacolo pernicioso che, in mancanza degli anticorpi necessari, potrebbe arrecare danni inestimabili. Altro che cinepanettoni. La storia è quella di un quarantenne (Zalone/Medici) che fin da piccolo ha il pallino del posto fisso. Quando arriva l'ordine di smantellare la pubblica amministrazione lavativa e improduttiva, a Checco viene proposta una buonuscita. Lui rifiuta, peraltro tutelato da un politico affarista (il conterraneo Lino Banfi) che si prodiga in consigli per il mantenimento del posto fisso. La manager che ha in carico il caso del protagonista (Bergamasco) lo spedisce nelle postazioni più inaccettabili, ma Checco non si arrende nemmeno quando arriva il turno del circolo polare artico, in Norvegia. Dove, inevitabilmente, trova l'amore.
Raccontato come un lungo flashback davanti a un pubblico di zulù che vorrebbero metterlo allo spiedo, il film è l'espressione più monumentale dei più vieti stereotipi: l'inefficienza degli impiegati statali è un assist a gente come Brunetta, Fornero e Renzi; la civilissima Norvegia è un Paese di odiosi depressi senza cuore; le donne del nordeuropa sono tutte puttane, il sesso è promiscuo, gli omosessuali infestano case e strade, gli ambientalisti sono dei fanatici scocciatori, l'Africa nera è una carnevalata e la mamma è sempre la mamma. Come se non bastasse, la battuta a doppio senso è spesso in agguato, non mancano le raffinatissime arguzie sulle emorroidi né la masturbazione di un orso polare (a fini scientifici, è ovvio) e Magherita Hack fa rima con fuck (sic). Senza contare che in questo film-barzelletta che ha ribadito la stratosferica popolarità del comico pugliese è impossibile rintracciare una qualsiasi idea di cinema che non sia quella che pantografa le gag di derivazione televisiva. È il trionfo del buonismo un tanto al chilo, dei personaggi ridotti a scialbe maschere, del populismo demagogico e cerchiobottista che si richiama esplicitamente a Celentano nella canzone La prima Repubblica non si scorda mai. Risate: zero. Parafrasando Nanni Moretti: ve lo meritate Checco Zalone.

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