Regia di Gennaro Nunziante vedi scheda film
“Tutti lo citano nessuno lo conosce” diceva Giulio Andreotti a proposito di chi, senza avere mai letto una riga di Machiavelli pretendeva di associare la scaltrezza del Principe alla sua. La stessa cosa potrebbe dire Checco Zalone se avesse voglia di replicare alla messe di giudizi, buoni e cattivi, che si sono scatenati all’indomani dell’uscita nelle sale di “Quo vado?”, il film diretto da Gennaro Nunziante che grazie alla presenza del comico pugliese sta stracciando ogni record d’incasso, apprestandosi a ritoccare verso l’alto quello già strabiliante stabilito con il precedente “Sole a catinelle” fermatosi a poco più di 50 milioni di euro. E’ evidente infatti che le analisi dei pro e contro sembrano prescindere dal pomo della discordia, destinato a passare in sottordine rispetto alle valenze assunte dalle conseguenze della sua popolarità. A venire meno per quanto ci interessa è la materia stessa del contendere, espulsa da quello che dovrebbe essere il suo nucleo centrale e cioè la qualità cinematografica del film in questione.
Da questo punto di vista “Quo vado?” può contare su una caratteristica che nessun’altra commedia o cinepanettone puà vantare e cioè la presenza di un comico come Zalone, che alla pari di ciò che si era verificato in tempi non lontani per Roberto Benigni, è paragonabile solo a se stesso, e che non equiparabile a nessun altro dei suoi colleghi. A questo proposito non è forse un caso che, a cominciare dall’omonimia con il protagonista della storia, Zalone non faccia nulla per distaccarsi dall’immagine anarchica e un po’ fanciullesca che avevamo conosciuto nei lungometraggi precedenti, aggiornata soprattutto nel modo più maturo di stare all'interno della narrazione, grazie a una sceneggiatura che lo mette nelle condizioni di confrontarsi con alcuni dei grandi temi della contemporaneità italiana: dalla questione del posto di lavoro, messa in campo con il tormentone del posto fisso per il cui mantenimento il nostro è disposto ad accettare improbabili trasferimenti che lo porteranno addirittura al polo nord, a quelli della politica, proposti dal presunto riformismo di cui in qualche modo Checco rimane vittima, e dell’integrazione tra i popoli, tirata in ballo quando la storia si sposta nel continente africano per il sorprendente finale.
Caratterizzato dalla varietà della geografia ambientale “Quo vado?” riesce a sostenere la vivacità dialettica del suo attore con una narrazione che pur nella schematica leggerezza di un intreccio interamente risolto dalla mobilità lavorativa assegnata al personaggio riesce ad alleggerire l’enfasi caricaturale della sua messinscena con una capacità di non prendersi sul serio che per noi è una delle armi vincenti del comico pugliese. Quella che gli permette di incarnare il luogo comune senza farsene imbrigliare in termini di irriverenza e di senso del ridicolo e con in più un understatement confermato dalla scelta di una controparte femminile - rappresentata da Elena Giovanardi e Sonia Bergamasco - funzionale al progetto e non al marketing.
(icinemaniaci.blogspot.com)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta