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Lo chiamavano Jeeg Robot

Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film

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La recensione su Lo chiamavano Jeeg Robot

di Gangs 87
8 stelle

Ogni volta che ci troviamo a pensare ad un film con protagonista un supereroe, la nostra mente vaga fino ad arrivare oltreoceano, nel paese a stelle e strisce, quasi unico detentore di pellicole di tal genere. Vero è che l’Italia, negli ultimi anni, sta sperimentando diversi generi e quello “fumettistico” è uno di questi, inaugurato nel 2014 da Salvatores e dal suo Ragazzo invisibile.

 

Gabriele Mainetti però sembra voler osare di più. A lui non interessano le scene colme di effetti speciali, o i bellissimi costumi che l’eroe può indossare, ma decide di concentrarsi sul fattore umano e sullo spaesamento legato ad una responsabilità così enorme. Il suo è un eroe senza maschera, ma con una coscienza e un cuore troppo presenti nel suo essere per non reagire a tutto ciò che gli sta accadendo.

 

Ci rende partecipi della metamorfosi che dall’uomo lo trasforma nell’eroe inconsapevole. Ci lascia soffrire con lui, sperare insieme a lui che qualcosa che sta cambiando sia migliore per lasciarci inondare dalla sua disperazione quando si rende conto che non era il cambiamento che sperava ma che non può fare a meno di accettarlo.

 

Claudio Santamaria è immenso. Il suo sguardo cupo, pregno di passato e con il timore per l’ignoto futuro, rappresenta al meglio l’animo che possiede il supereroe nostrano. Taciturno e burbero, si differenzia dall’eroe per antonomasia perché detiene un ego smisurato. Ilenia Pastorelli, nel film che l’ha consacrata, risulta più che credibile in un ruolo complesso e non marginale come potrebbe sembrare. Luca Marinelli poi, meriterebbe un capitolo a parte. Da subito risulta chiaro che è lui il cattivo, l’antagonista da tenere d’occhio anche se, la sua metamorfosi non è degna dello spessore che il personaggio conquista man mano che la messa in scena si avvicina al finale che, seppur al cardiopalma, perde un po’ di smalto rispetto a tutto ciò che ci si era permessi di raccontare prima.

 

Nulla da eccepire però, questo modo di raccontare un supereroe ci piace. Più mesto e meno scenico ma l’effetto che crea nell’animo dello spettatore è turbamento perenne tanto che, quando il film si avvia alle sequenze finali, non fai altro che sperare in un sequel degno di ciò che hai appena assaporato.

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