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Lo chiamavano Jeeg Robot

Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film

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La recensione su Lo chiamavano Jeeg Robot

di AgentCooper
9 stelle

Jeeg Robot ha tutto quello che gli serve per venire ricordato a lungo e dimostra di come sia possibile realizzare un film di supereroi puntando, più che sugli effetti speciali, sul lato umano dei protagonisti.

Era il lontano 2001 quando Sam Raimi approdava al cinema con il suo Spiderman. Un film che nel bene e nel male ha dato il via ad un filone che da li a poco sarebbe esploso. Sto parlando dei cinecomics. Prodotti industriali, serializzati in uno stampo ben preciso, che obbediscono a regole dettate sia dalle major che dal pubblico e hanno come unico obbiettivo l'incasso. Anche quando mettono in scena un personaggio più atipico come Deadpool stai pur certo che il film sarà sempre standardizzato entro i limiti imposti dal genere. 

Luca Marinelli

Lo chiamavano Jeeg Robot (2015): Luca Marinelli

Anche qui in Italia, precedentemente a questo Lo Chiamavano Jeeg Robot, c'era stato Il Ragazzo Invisibile un piccolo esperimento diretto da Gabriele Salvatores. La voglia di dare una scossa al cinema italiano c'era ma il film fu un flop d'incassi e di critica. Al contrario, la pellicola diretta da Gabriele Mainetti è un qualcosa di perfettamente riuscito grazie a delle caratteristiche fondamentali che dovrebbero essere l'ABC di ogni film supereroistico. 

Prima cosa, non tenta di dare spiegazioni ottuse o complicate. Il come Enzo Ceccotti diventa un super(criminale) eroe è semplice, chiaro e alla portata di tutti. 

Luca Marinelli

Lo chiamavano Jeeg Robot (2015): Luca Marinelli

Seconda, l'ambiente casalingo (e urbano) rispecchia la psicologia del protagonista (o antagonista). Un supereroe deve avere dei tratti peculiari (e patetici) che ci aiutano ad identificarci in lui. Ad esempio il nostro Enzo è un cultore dei Danette e dei film porno. Mentre lo Zingaro si veste in una determinata maniera e canta le canzoni di Anna Oxa.

Terza,(e forse la più importante di tutte) l'antagonista. Nei film supereroistici il cattivo dovrebbe avere un ruolo fondamentale. Ricordo ancora il Goblin del primo Spiderman interpretato di Willem Dafoe. Tenebroso, furbo e senza scrupoli. Aveva quindi un carattere (e una presenza) in grado di ostacolare l'eroe. Al giorno d'oggi purtroppo è difficile incontrare su schermo un antagonista ben caratterizzato e soprattutto ben interpretato. Basti pensare a Deadpool. Al carisma si preferisce l'anonimato. 

Fortunatamente non è questo il caso di Lo Chiamavano Jeeg Robot. In quanto, oltre a vantare una scrittura splendida, lo Zingaro è interpretato con maestria da quel mostro di bravura di Luca Marinelli. Non che Claudio Santamaria sia stato da meno ma questo è uno dei casi in cui il cattivo buca lo schermo maggiormente rispetto al "buono".

Ilenia Pastorelli

Lo chiamavano Jeeg Robot (2015): Ilenia Pastorelli

Soprattutto, ognuno di noi si può identificare  nel personaggio dello Zingaro. La società in cui viviamo e che è parte di noi, ci fa credere di poter diventare qualcuno. A lui è bastato partecipare a Buona Domenica per sognare di toccar le stelle e uscire da quel buco fatto di zecche e cani. Vogliamo essere constantemente al centro dell'attenzione per dare il giusto nutrimento al proprio Io egoistico. Basti pensare alla sequenza in cui lo Zingaro pesta i camorristi che è costantemente ripresa dal suo telefono cellulare. La visibilità è tutto, c'è chi la cerca e chi la eviterebbe volentieri (Ceccotti).

La cosa che salta di più all'orecchio però è la quasi assenza di colonna sonora.  Questa è volutamente delimitata a particolari situazioni in modo da sottolineare la componente psicologica dei personaggi (abbandono, sofferenza ecc). 

In definitiva Jeeg Robot ha tutto quello che gli serve per venire ricordato a lungo e dimostra di come sia possibile realizzare un film di supereroi puntando, più che sugli effetti speciali, sul lato umano dei protagonisti. 

 

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