Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Bellocchio traspone l'acclamato romanzo di Gramellini con l'intento di rappresentare il disagio psicologico del protagonista, che ha origine da un'infanzia irreversibilmente segnata dal lutto. L'operazione è riuscita solo nella prima parte. Nella seconda, invece, il film risulta poco ispirato e privo di vera profondità. Voto 5,5
Tratto dall’acclamato romanzo autobiografico Caso letterario scritto dal giornalista Massimo Gramellini, che Marco Bellocchio adatta con lo scopo di rielaborare alcune delle tematiche a lui più care, come il disagio psicologico, con tanto di allucinazioni e momenti onirici, che deriva dall’elaborazione del lutto. Da questo punto di vista, il film funziona solamente nella prima parte, dove la descrizione della Torino degli anni ‘60 ed il racconto di un’infanzia irreversibilmente segnata sono piuttosto efficaci. Nella seconda, invece, Bellocchio cambia registro e tenta di esprimere le ansie ed il malessere interiore del bravo Valerio Mastandrea attraverso l’espressività della splendida fotografia, scadendo però troppe volte nel semplicismo con parecchie scene inconcludenti, in cui lo spessore delle tematiche trattate si riduce ad un esiguo alternarsi di immagini e sguardi. E’ evidente, quando si guarda il film, di assistere ad un prodotto artistico di un grande autore, molto competente in ambito registico, ma che stavolta risulta poco ispirato e/o incapace di trovare la cifra stilistica ideale per centrare il suo obiettivo. In conclusione, manca di vera profondità.
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