Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Bellocchio si cimenta con un'impresa abbastanza ostica: fare un film su una storia vera (quella del giornalista Massimo Gramellini) cercando di prenderne il più possibile le distanze. Ne risulta un film sospeso a metà, come se si fosse voluto incanalare il tutto in qualcosa di diverso dalla biografia ma senza in realtà riuscirci pienamente. Grazie anche ad un Mastrandrea quasi macchiettistico (avrei visto molto meglio una miriade di altri attori in una parte come la sua) la storia cammina su gambe molto esili, regalando solo sfuggenti attimi di poesia e di grazia (in questo molto ci mette la bravura del piccolo protagonista). Rimane un pò di amaro in bocca, soprattutto per chi avessee già letto il romanzo, nel vedere una certa necessità di semplificare tutto per rientrare in una vicenda "cinematograficamente" avvincente, senza entrare nel merito nè delle oggettive difficoltà del piccolo protagonista nell'affrontare un trauma tanto grande, nè del mondo adulto che lo circonda con incolpevole protettività. Decisamente insensata poi la finestra della spedizione nei Balcani, quasi anacronistica se non per la scena della fotografia della fotografia, una sorta di metacinema che in questi casì sempra più una parodia che un effettivo interrogarsi sul proprio passato.
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