Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Un viaggio on the road nella speranza di trovare un briciolo di felicità
Due pazze fuggono da un manicomio per finirne in un altro, il mondo cosiddetto "normale", ma ricolmo di gente egoista, meschina, approfittatrice, sadica e malvagia. Beatrice e Donatella rappresentano gli opposti che si attragono: la prima è altolocata, snob, e considera spesso la seconda come una cafona, mentre questa è più raccolta in sè stessa e ha alle spalle un passato oscuro, con cui si apre in modo molto misterioso la pellicola: una madre col passeggino del proprio piccino, una triste verità che verrà progressivamente a galla una volta che tra le due si consoliderà un rapporto di confidenza e di immedesimazione, grazie ad un viaggio on the road che dimostrerà di non essere le benvenute nei confronti delle loro vecchie conoscenze. Infatti gli ex mariti/compagni vivono tranquilli, senza preoccupazioni, e l'ultima cosa che vorrebbero è rivederle; persino il papà di Donatella è esplicito, dicendo che si deve aiutare da sola. La solitudine, la disperazione e soprattutto i rimpianti sono inevitabili, se non fosse per questa semplice ma necessaria amicizia, un'ancora di salvezza senza la quale la vita di entrambe andrebbe avanti inutilmente, pensando ogni giorno a cosa hanno fatto di male per subire una condanna del genere. Ciò si può notare soprattutto dal finale, che fa capire che la "pazza gioia" non si trova scappando, illudendosi di una vita migliore, ma spesso la si trova accanto: "Meno male che ci sei te!". La sceneggiatura di Paolo Virzì ("Il capitale umano", "Tutta la vita davanti"), anche regista, e Francesca Archibugi è abile a lanciare questo importante messaggio, attraverso una storia che ricorda "Thelma e Louise", amalgamato con la comicità della prima parte, scatenata e all'insegna di stravaganti azioni istintive dovute al senso di libertà, e la drammaticità della seconda, in grado di commuovere e coinvolgere lo spettatore, che entra nella loro mente e comprende che la vera pazzia si trova nelle persone a piede libero, che stuzzicano e provocano troppo quella macchina ancora tutta da scoprire che è il cervello umano. Miglior film agli ultimi David di Donatello, insieme a sceneggiatura, regia, costumi (di Katia Dottori) e attrice a Valeria Bruni Tedeschi, che è in grado sia di far ridere sia di far piangere, grazie ad un'interpretazione impeccabile e spontanea (da ricordare anche la sua emozione nel momento della premiazione ai David). Accanto a lei c'è un'altra grande attrice: Micaela Ramazzotti, perfetta nel ruolo di Donatella, insicura ed enigmatica, moglie del regista e sua musa, fonte d'ispirazione per la caratterizzazione delle due amiche (mentre veniva accompagnata incinta dalla Tedeschi). Virzì ha dichiarato anche l'influenza di "Qualcuno volò sul nido del Cuculo" e "Un tram che si chiama Desiderio", da cui ha preso delle battute. Se poi la conclusione è accompagnata dal brano "Senza Fine" di Gino Paoli il filmone è servito.
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