Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Se Virzì non avesse scandito il tempo nelle prime inquadrature del film, se ci fossimo limitati ad osservare la locandina stile anni ’30, collocare l’ultima pellicola del regista livornese non sarebbe stato poi tanto semplice. È proprio questa sottile considerazione a farmi capire quanto sia superfluea la collocazione temporale, dopotutto si parla di amicizia, famiglia, sogni infranti, vite sospese nel vuoto del nulla e morte. Si parla di esistenze al limite o forse oltre, troppo oltre da risultare folli perché fuori controllo dalla normalità, ma chi stabilisce il confine tra sanità e follia? Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi sono perfette, intense e profonde, vere, ottimamente diretta da Paolo che si conferma un perfetto cantore di storie di ordinaria esistenza. Bella la fotografia, vivida, nitida, quasi da cartolina, in stile Woody Allen ma più contenuta, quasi arginata per non strafare, per non spostare l’attenzione che resta fissa, non potrebbe essere altrimenti, sui volti corrosi delle due protagoniste, immensamente collocate in scenografie e ambienti, che fanno da sfondo senza mai prevaricare sulla storia, dal visibile tocco femminile di Francesca Archibugi che, a quattro mani con il regsita, ha realizzato una storia degna degli applausi di Cannes.
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