Regia di Stephan Streker vedi scheda film
A diciotto anni, per la Zahira è giunto il momento di salire sull'altare. Lo hanno deciso mamma e papà, che in quanto all'identità del futuro sposo le hanno concesso la facoltà di scegliere tra ben tre candidati, tutti residenti in Pakistan, di cui favoriscono foto e contatto skype, in modo che possa visionarli comodamente dal pc senza bisogno di partire. Lei, che oltretutto sta anche vivendo l'incubo dell'aborto per una gravidanza indesiderata, non ha alcuna intenzione di smettere di prendere le proprie decisioni e sposare uno sconosciuto, perché al di là del proprio credo religioso è pienamente integrata nella paese occidentale che da anni la ospita. Combattuta tra l'affetto per i propri familiari (che non tollerano risposte negative) e il bisogno di autodeterminare il proprio futuro, lascia la loro casa per rifugiarsi dall'amica Aurore, cercando in lei conforto, e dentro di sé la forza d'animo per prendere la decisione più dolorosa.
Quello messo in scena dal regista Stephan Streker in Noces (presentato in Selezione Ufficiale alla Festa del cinema di Roma 2016), ispirato al cosiddetto "caso Saida", accaduto in Belgio nel 2007, è un dramma che origina da un corto circuito comune a molte ragazze provenienti da quelle latitudini. Al di là del discorso strettamente religioso, ciò che il rifiuto legittimo di una ragazza come Zahira può comportare, è il venir meno al rispetto di tradizioni millenarie con ripercussioni a più livelli: non solo sui rapporti all'interno della famiglia, che nella migliore delle ipotesi disconosce la mela marcia, ma anche su quelli tra la famiglia stessa e l'intera comunità d'origine, presso la quale cade in disgrazia.
Streker dà degli eventi un resoconto asciutto e teso, stando ben attendo a non esprimere giudizi, anzi soffermandosi sul lato umano di tutti i membri della famiglia, per far emergere di ciascuno il grado di sensibilità e le più intime convinzioni. Zahira non rinnega mai la propria religione ma si oppone alla cultura del proprio paese, che a prescindere dalla fede le impedisce in ogni caso di decidere il proprio sposo da sé, nonostante la più grande delle due sorelle abbia ceduto prima di lei, nonostante i genitori reputino il rifiuto un'onta, e nonostante il fratello - spesso a lei complice - le abbia ripetutamente fatto presenti le conseguenze che lo stesso avrebbe, in patria, sul piano sociale. La sua mentalità aperta la porta ad opporsi a quella che vive come un'ingiustizia, a lottare contro un sistema di pensiero che nega la sua dignità di donna, ponendola, suo malgrado, dall'altra parte della barricata su cui i suoi cari si sentono di stare, e dando il la al conto alla rovescia verso una tragedia (in)evitabile.
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