Regia di Gurinder Chadha vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE
La fine di un impero, la nascita di due nazioni. Questo in estrema sintesi l'interessante scenario geo-politico in cui si incentra il film.
Nel 1947 Lord Mountbatten viene prescelto per l'incarico prestigioso di Viceré della colonia indiana. Tuttavia l'uomo è ben conscio che il suo sarà un incarico di breve periodo, nonché che egli sarà l'ultima persona a ricoprire tale ruolo, essendo l'India ormai sulla via di ottenere l'indipendenza politica dalla corona britannica.
Sopraggiunto con la intraprendente moglie Edwina e la spigliata figlia in età teen, l'uomo rimane impressionato dalle dimensioni della reggia: un edificio principesco atti ad accoglierlo nel suo prestigioso incarico, e che comprende oltre 500 membri di personale tra servitori e membri dello staff, suddivisi tra loro al pari della società indiana: ovvero in popolo convivente più o meno pacificamente suddiviso tra hindi, musulmani e sikh.
Ma i venti di libertà suscitano ed accendono impeto di supremazia di una religione sull'altra, e quindi di un popolo sull'altro, impedendo anche a figure altamente carismatiche come Gandhi di far si che la pace e la convivenza fraterna, continuino a regnare anche senza il vincastro dell'impero britannico, foriero certo di un clima di pace imposta, ma non certo esente da ombre, forzature e forte di atteggiamenti improntati sulla supremazia e la sottomissione proprie del regime colonialistico sfruttatore e dominante di un passato non lontano e poco felice..
Lord Mountbatten in realtà appare illuminato e convinto che l'unione della nazione, caldeggiata pire dal mahatma, sia l'unica soluzione; tuttavia venti impetuosi di scissione impongono la soluzione di dividere il grande semicontinente indiano in due blocchi: l'India vera e propria degli indù, e il Pakistan per i musulmani. Una divisione che obbliga ad esodi forzati devastanti quanto mai la diversa religione aveva creato fino ad allora.
In un quadro storico preciso che la regista conosce per averlo vissuto dinasticamente dalla drammativa esperienza accaduta ai propri avi, Gurinder Chadha, da sempre avvezza a raccontare vite indiane in un contesto british, purtroppo si perde puerilmente qui in una storia d'amore banale e semplicistica tra un efficiente collaboratore del viceré ed una bella ancella di corte, in realtà promessa dall'anziano padre ad un musulmano da tempo lontano a combattere una guerra altrove. Il film si sbriciola anche in siparietti morali con protagonisti british sciocchi ma di buone intenzioni: quando ad esempio la famiglia del viceré, e la petulante moglie Edwina in particolare, intervengono in quei discorsi buonisti da first lady di pura convenienza e bon ton nel rispetto di appuntamenti irrinunciabili all'inglese come il tè servito in porcellane di pregio ed altri infiniti ammiccamenti fastidiosi: in vero peccato perché il contesto storico preciso e fedele faceva sperare si venisse molto più al sodo evitando luoghi comuni usurati e stantii.
Dal canto loro gli attori, tutti molto british, come il buontempone Hugh Bonneville, la madama spigolosa Gillian Anderson ed i "very british people" Michael Gambon e Simon Callow appaiono spaesati ed una brutta copia delle loro apparizioni nei classici spesso ivoryani anni '80 e '90.
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