Regia di Kenneth Lonergan vedi scheda film
Intenso e profondamente malinconico. Voto 7.
Dramma familiare ed elaborazione del lutto sulla scia di celebri titoli del recente passato come "Gente comune" di Redford e "Rachel sta per sposarsi" di Demme, incentrati sul confronto e sul contrasto tra chi non riesce a voltare pagina e chi invece cerca di ricominciare a vivere; rispetto ai predecessori Lonergan pone meno enfasi sui retroscena psicologici e sulle dolorose "rese dei conti" domestiche e tenta di allacciare un rapporto più stretto tra i protagonisti della vicenda e il luogo in cui essa si svolge, a lungo protagonista in solitario delle inquadrature all'inizio e alla conclusione del racconto. Manchester-by-the-sea è una piccola cittadina di scarsa fama (almeno prima del film), all'ombra della megalopoli Boston; storicamente è stata un villaggio di pescatori, e riflette il carattere tenace della gente che svolge questo mestiere umile e faticoso nel suo aspetto severo, spoglio, senza alcuna concessione all'estetica, con case in legno tutte uguali addossate l'una all'altra, intervallate da stradine in salita. Nel film si fa cenno, nel racconto di un anziano, alle tragedie del lavoro in acque infide come quelle dell'Atlantico; si ha l'impressione che il vero punto di forza e l'elemento più originale di questo dramma stia nella capacità di catturare l'"anima" di un luogo e di una comunità di quel tipo, in cui la gente ha per secoli dovuto lottare per la sopravvivenza, accontentarsi di poco, e tirare avanti nonostante drammi e sofferenze. Senza ricorrere a facili consolazioni o svolte affrettate, il film rappresenta gli sforzi di individui comuni e anonimi che cercano, con lo spirito che ha sempre avuto la gente umile e laboriosa, da quelle parti ma non solo, di far fronte alle avversità, anche le più intollerabili, anche quando le forze sembrano non esserci. Non saprei se l'interpretazione di Casey Affleck sia davvero da Oscar, di certo è molto efficace; è vero che utilizza quasi sempre una sola espressione, quella di un individuo che abbia appena smesso di piangere o abbia appena ricevuto una legnata, ma questo non vuol dire essere inespressivi; probabilmente l'attore ha scelto di interpretare il ruolo adottando una maschera e tenendola indosso dall'inizio alla fine, ritenendo che fosse la più credibile per un individuo che non si reputa più nè degno nè capace di provare emozioni nella vita e cerca soltanto di andare avanti anestetizzando il suo senso di colpa. Qualche sequenza scade nel patetismo; effettivamente commoventi sono invece un paio di scene: quella in cui il fratello insiste perchè il figlio venga a salutare lo zio che se ne sta andando, come per affidarli l'uno all'altro; e nel finale la passeggiata fianco a fianco di zio e nipote, che bene o male hanno saputo affrontare insieme un tratto del più difficile dei percorsi.
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