Regia di Kenneth Lonergan vedi scheda film
pier-maria bocchi l'ha chiamato "cinema menagramo" e ovviamente l'ho trovato divertente. potremmo aggiungere cinema "sfiga-su-sfiga" o cinema "dell'afflizione". devo anche aggiungere che ci ho sguazzato, proprio come quei critici che sempre il bocchi dice che facevano il bagno nel brodo di giuggiole con questo genere cinematografico. ma a differenza del bocchi, io l'ho trovato un gran bel film. sono anche riuscito a versare lacrime, e il bocchi affermerebbe "bella forza" e io potrei rispondere "non conosci le mie ghiandole lacrimali". comunque... mi piace come lonergan ci immerge nella vita di questo uomo. lee è afflitto e ne ha tutte le ragioni. una volta è stato anche sposato e ha avuto dei figli, ma ora vive in un sobborgo di boston e fa il custode e riparatutto in 4 condomini. la monoespressività di questo uomo che si rifiuta di credere di poter/dover/aver-diritto di provare delle emozioni è il risultato delle sue afflizioni. cerca di essere gentile e garbato ma sarebbe veramente molto meglio che non gli si chiedesse null'altro. la sua vita è attraversata da ricordi che emergono di tanto in tanto, ma si fanno più pressanti a causa dell'esigenza di tornare a manchester per problemi famigliari. lonergan scava nei personaggi e insieme agli attori colma ogni scena di emozioni senza però renderle sature. centellina nelle due ore e un quarto della durata, i colpi che lee è costretto a prendersi addosso fino a quella che potremmo chiamare l'esplosione finale, se non fosse che forse lee non è mai stato uno da scene madri. lee è uno sche schiva, già forse un pò schivo di suo anche prima, e tende ad andare incontro alle esigenze degli altri, in modo da non dover affrontare nessuno scontro. perfino una scena lunga e tormentata, accompagnata dall'adagio di albinoni, come quella ambientata nella centrale della polizia la sera della tragedia, non mi ha mai comunicato nessuna forzatura. è orchestrata magnificamente e giostrata splendidamente dall'occhio del regista e anche dalle minime azioni di ogni attore, come il cedimento del padre che si risiede sulla sedia. le scene fisse sui palazzi di mattoni rossi con la neve che cade quasi ininterrottamente, comunicano il freddo e la pace che la neve ti mette addosso; la routine, la normalità. due cose che ovviamente mancano a lee e a tutti coloro che al suo fianco o loro malgrado gli gravitano attorno in questo forzato e patito ritorno al borgo natìo. certo per carità, chi piange con le soap troverà da piangere dal primo all'ultimo fotogramma. chi è un più coriaceo di scorza, troverà invece che il pianto scoppierà trattenuto troppo a lungo dopo un incontro doloroso e una scazzottata liberatoria e darà ragione a questo poveraccio che ha trovato qualche ostacolo di troppo lungo il suo fin'ora corto percorso. bellissimo l'utilizzo della musica classica tra gli scorci della cittadina e insinuante lo score originale di lesley barber. casey affleck strepitoso nel suo percorrere questo lungo percorso tragico con un'espressione che cerchi comunque e sempre di non far trasparire un'emozione che sia una, ma comunque tutto il resto del cast è bravissimo a reggere e accompagnare il protagonista, e a fare in modo che anche il più piccolo personaggio non sia una figurina di passaggio
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