Regia di Kenneth Lonergan vedi scheda film
Mi duole dirlo, poichè è un film che attendevo con interesse da tempo, ma il più significativo lascito di Manchester by the Sea per me è stato il grosso punto interrogativo che mi ha pedinato mentre rincasavo dal cinema.
Varie perplessità in testa, la prima è che forse Kenneth Lonergan voleva guardare nella direzione del cinema inglese, quello che sa cogliere nel vivo un certo spaccato sociale senza sacrificare la psicologia dei personaggi al manifesto politico, e cioè più Mike Leigh che non Ken Loach, "forse" dicevo perchè a questo mi hanno fatto pensare in principio alcune interessanti soggettive d'ambiente, certi orizzonti disadorni, un inizio che attinge alla realtà della working class, ma ben presto ho capito che ero decisamente fuori strada.
Si tratta in realtà di un film indeciso che mischia i registri senza quadrare il giusto equilibrio fra le parti e producendo la sensazione che nè serio nè faceto siano gestiti con precisione. Da un lato le disgrazie si concentrano assai numerose ma scarsamente filtrate a livello formale e, in mancanza di un senso più alto del dramma e della predestinazione, anche la tragedia cardine richiamata dal passato del protagonista sembra studiata apposta per colpire basso ma in fondo rimane nella categoria degli episodi giustificatori, mentre dall'altro le iniezioni di leggerezza difettano di ironia e sono, come prevedibile, quasi solamente a carico del personaggio del nipote sedicenne (anche lui come lo zio sembra abbastanza indifferente agli eventi salvo poi avere una crisi di nervi da copione di fronte a un freezer). Una sceneggiatura prolissa e senza particolari colpi d'ala, che non guadagna molto dall'intervento dei flashback e su cui pesano dialoghi piuttosto elementari e diverse scene fuori fuoco (solo per fare un esempio tutto quanto è ambientato all'ospedale è piuttosto spiccio e approssimativo).
L'acclamata interpretazione di Casey Afflec testimonia un apprezzabile impegno da parte dell'attore, che però sembra essere entrato nel personaggio principalmente attraverso la selezione di un certo atteggiamento impenetrabile mantenuto identico dall'inizio alla fine del film e sostanzialmente rinunciando a modulare la recitazione in funzione della singola scena, ma è anche vero che la scrittura mette a disposizione del personaggio ben poche sfumature, cosicchè se l'apatia di Lee può risultare giustificata a valle del trauma vissuto, è invece ben più difficile comprendere la fiacchezza che lo caratterizza anche prima della tragedia, se non come sintomo di una personalità opaca con la quale non è facile empatizzare.
Tra evidente debolezza dei personaggi minori, scazzottate da pub gestite in modo ingenuo (Lee sembra indifferente a tutto ma ogni tanto tira di destro), ritratti adolescenziali stravisti (la gag, vecchissima, delle continue interruzioni dell'intimità dei fidanzatini mette tristezza) e la greve solennità di un accompagnamento musicale che chiama organo e violino in soccorso delle scene drammatiche, nel complesso ho avuto la sensazione di una certa maldestrezza, oltre che di poca profondità e particolare povertà nei dialoghi. Michelle Williams è sostanzialmente sprecata, peccato perchè è un'ottima attrice e anche durante la scena critica dell'ultimo incontro tra Randy e Lee i due attori ce la mettono tutta ma la pochezza delle loro battute manda l'intera sequenza fuori registro. In ogni caso la moderata cesellatura del personaggio di Randy, pur considerandolo come ruolo di non protagonista, non le dà modo di dimostrare la finezza delle sue capacità.
Mi dispiace non potermi unire a chi ha amato quest'ultima fatica di Kenneth Lonergan, che gestita con piglio diverso poteva avere buone potenzialità, io purtroppo l'ho trovato un film disomogeneo, dispersivo e in fin dei conti abbastanza ordinario.
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