Regia di Ranuccio Sodi vedi scheda film
Voi lo conoscete Ranuccio Sodi? Lo avete mai sentito nominare? Per me è noto quanto potrebbe esserlo, che so, Cipriano Pancrazio Oberti. Con quel nome che sembra uscito dalla fantasia di un Pontiggia o di un Guareschi. No, perché a guardare Lo stradone col bagliore (da un brano rimasto inedito) sembra che lui, Ranuccio, sia stato per una vita (o quasi) l'angelo custode di Enzo Jannacci. Il documentario che il nostro ha dedicato al poliedrico cantautore milanese, attore ma anche medico, showman, comico, è tutto declinato in senso egolalico. Ed è un peccato che a due anni dalla scomparsa del musicista meneghino non si sia riusciti (finora) a fare di più per ricordarlo. Il film assembla - con tediosissima voce off - materiali d'archivio, anche inediti, considerazioni personali (del fegista-factotum) e spezzoni di un'intervista che Jannacci, visibilmente malmesso, rilasciò nella sua casa milanese, con voce più biascicata del solito e mise da senzatetto, il tutto su un tappeto acustico disturbato da rumori di fondo degni di un principiante dell'ingegneria del suono. Davanti a tanta pochezza di mezzi espressivi, quelle canzoni un po' da guitto e un po' beffarde, uasi sempre geniali e irriverenti che scrisse Jannacci ne vengono mortificate, sicché pietre miliari come Son sciopàa, Ci vuole orecchio, Se me lo dicevi prima, Quelli che…, Vengo anch'io, Silvano o la meno conosciuta Parlare con i limoni si perdono nella confusione dell'intera operazione.
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