Regia di George Cukor vedi scheda film
Sul volto di Joan Crawford si potrebbero scrivere fiumi di parole. Ma è questo film di Cukor che ci consente di comprendere la sua importanza, la sua bellezza struggente, la sua potenza nel poter ritrarre con durezza ma anche con dolce femminilità, il dolore della "donna". In questo caso la donna è Anna, incattività dalla società, con quella sua cicatrice che rappresenta il risultato di una società arida e indifferente al sensibile bisogno di comprensione da parte della donna, sempre vittima dell'ignoranza umana, che la vede come un pesante fascio di sentimenti ed emozioni difficile da capire e da sopportare. Joan Crawford guidata dalla mano sicura e comprensiva di Cukor (che anche cambiando registro narrativo, con tinte più drammatiche, riesce a rimanere ancora meravigliosamente sensibile e delicato), nell'irrequietudine del suo spirito, nell'irregolarità del suo volto, racconta l'Odissea di una donna con la morte nell'animo e negli occhi, ma che ritroverà la via della salvezza nella semplice potenza dell'amore e della vita stessa.
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